Con il discorso del premier Matteo Renzi al parlamento europero è, a tutti gli effetti, iniziato il semestre a guida italiana dell’Unione Europea . Ci si interroga sul cosa potrà o non potrà fare la guida italiana in questi sei mesi.
Un bell’articolo su “La Stampa” ci da qualche informazione di base su cosa sia un semestre europeo e quali siano effettivamente i poteri in mano al paese membro che ne detiene la guida. Come si potrà convenire, pur non conferendo compiti direttamente esecutivi, il semestre è un’ottima occasione per dettare l’agenda e puntare i riflettori su alcuni temi caldi.
Di temi caldi ce ne sono parecchi, due su tutti meriterebbero di essere affrontati a partire da subito: crescita ed immigrazione. Il tema della crescita si articola in diversi argomenti a partire dal come stimolare la domanda interna fino ad arrivare al contrasto alla disoccupazione, senza dimenticare i vincoli del patto di stabilità e la ricerca di una maggiore flessibilità nella loro applicazione.
Il tema dell’immigrazione è di stretta attualità con le sue, oramai quotidiane, tragedie e la palese impotenza di un singolo stato di fronte ad un fenomeno di proporzioni enormi.
Sembrano temi apparentemente con pochissimi punti di contatto ma non è così, tutti e due chiedono fortemente all’Europa cos’è e cosa vuol diventare. Il semestre europeo può essere l’occasione per cercare di rilanciare queste domande e metterle finalmente al centro del dibattito.
C’è una bella proposta, sul tema della crescita, lanciata ieri sul Sole24ore dall’economista Luigi Zingales. Pur non condividendo la visione “unidirezionale” degli eurobond, a meno che non li si intenda come titoli nazionali con garanzia europea ed in questo caso sarebbero di certo più un danno che un’opportunità, l’idea di creare un meccanismo di assicurazione contro la disoccupazione è sicuramente molto interessante.
L’Europa deve dotarsi, sottolinea Zingales, di “una qualche forma di redistribuzione fiscale, che attenui l’effetto negativo di shock regionali” perchè la moneta da sola non può bastare a tenere in piedi il sistema. Ma un’Europa che accetta una redistribuzione fiscale è un’Europa che ha già risposto, ed in maniera precisa, alle domande che ci ponevamo prima.
Zingales, nel suo articolo, suggeriva a Renzi di abbandonare la vecchia strategia dei governi italiani (elemosinare un po’ di flessibilità in cambio di rigore) e stravolgere gli schemi con una proposta davvero di carattere comunitario.
Una frase del discorso del premier Renzi ieri al parlamento riassume bene quello che l’Europa dovrebbe fare da qui ai prossimi mesi:
la grande sfida è ritrovare l’anima dell’Europa, il senso profondo del nostro stare insieme. Se dobbiamo unire burocrazie, a noi in Italia basta e avanza la nostra. C’è un’identità da ritrovare. L’italia non viene qui per chiedere all’Europa i cambiamenti che lei non é in grado di fare. L’italia viene qui per dire che lei per prima ha voglia di cambiare. E lo fa con il coraggio di chi va nelle istituzioni europee non per chiedere ma per dare.
Potranno essere solo parole, certo, ma nessuno può obiettare che il problema non è la flessibilità dei parametri ma cosa si voglia fare di questo progetto, dell’immensa capacità tecnica e culturale che, potenzialmente, potrebbe esprimere. Le risposte arrivate ieri sembrano poco incoraggianti e si ripete il solito schema furbetti contro virtuosi, in un clima da battito cardiaco piatto, in un Europa che non ha un cuore. Chiamate un cardiologo, presto!