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Junker. Stato dell’Unione che non c’è

Il discorso del presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, di fronte al Parlamento Europeo sottolinea le difficoltà esistenziali dell’unione evidenziando per l’ennesima volta l’impalpabilità di questo contenitore senz’anima.

Un anno fa avevo detto che la situazione nell’Unione europea lasciava a desiderare, non c’era abbastanza Europa e non c’era abbastanza unione nella Ue. A un anno di distanza questa constatazione in Europa resta. La Ue non è in gran forma. Sono cambiate tante cose. Possiamo parlare di crisi esistenziale

L’incipt non lascia spazio all’immaginazione. La situazione dell’unione europea assomiglia molto a quelle coppie che, pur rimanendo unite, non sanno più riconoscere il perchè della loro unione. Una crisi esistenziale, così la definisce Junker, da cui però non si capisce con quali strumenti si voglia uscirne.

Il commissario parla di rischi derivanti dall’avanzata di partiti populisti e di divisione tra est e ovest. Il discorso procede, si parla di disuguaglianze sociali, di fondi in più per le fasce di popolazione escluse. Ad un certo punto sembra quasi che questa Europa sia qualcosa di concreto, diretto, solido. Poi però si torna alla realtà fatta di Commissioni, Consigli, Parlamento Europeo, Governi nazionali, Parlamenti Nazionali, flessibilità, stabilità, parametri. Il solito farraginoso meccanismo che manda avanti una scatola incompleta, senz’anima.

Tralasciando il discorso “Brexit”, una pugnalata politica che ha soltanto reso ancora più evidente la crisi, sembra di assistere all’ennesimo discorso sul “cosa vorremmo essere” senza che poi alle parole seguano i fatti, perchè basterà il primo vertice ecofin o la prossima puntata della “grana” immigrati per tornare ai soliti giochi di ruolo.

 

 

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