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Brexit, il mercato scommette su un soft leave (per ora)

Sono passati poco meno di 4 mesi da quella notte agitatissima che ci portò in dote la vittoria del Leave. Una vittoria figlia di tanti padri, alcuni dei quali visibilmente in ritirata.

L’onda emotiva del referendum non è durata molto, qualche giorno di turbolenza sui mercati e poi si è ricominciato a guardare altrove. I dati economici usciti successivamente hanno addirittura fatto esultare gli euroscettici quasi che uscire dal mercato comune europeo potesse essere l’inizio di una nuova epopea per i sudditi di sua Maestà.

Ma, come oramai capita troppo spesso, la razionalità viene lasciata in soffitta e con essa la cronologia dei fatti. La Brexit non è uno shock improvviso dei mercati, non è un 11 settembre finanziario, un tonfo emotivo che si riassorbe.

L’uscita del Regno Unito dal mercato comune europeo è un processo lungo – almeno due anni – durante il quale il governo May e chi le succederà dovranno riscrivere ad uno ad uno i rapporti con l’Unione.

I mercati fino a questo momento non sembrano considerare molto l’ipotesi di un muro contro muro tra UK e UE. Secondo molti analisti quello che si è scontato fino ad ora sui mercati è un soft-leave. Un atterraggio morbido fuori dal perimetro della comunità europea attraverso il quale la libera circolazione di merci, soldi e persone potrà continuare più o meno come oggi.

Negli ultimi giorni però qualcosa è cambiato. Oscillazioni brusche della sterlina sono state accompagnate da uscite altrettanto brusche dei ministri dell’esecutivo May. Il nodo di tutte le discussioni è la questione dell’immigrazione e su questo punto le trattative saranno complesse. Molti paese UE (in particolare quelli dell’est) sono pronti a mettere il veto all’uscita della Gran Bretagna se non avranno rassicurazioni sul tema e le stesse società inglesi temono che una restrizione all’accesso possa (spiacevole a dirsi) far aumentare il costo del lavoro riducendone la competitività internazionale. Iniziano a sorgere quei conflitti di interesse che saranno la vera “grana” a cui il governo May dovrà lavorare cercando da un lato di moderare le pretese politiche interne e dall’altro di scalfire l’intransigenza (per ora a parole) dei leader dell’UE.

Insomma la Brexit non è faccenda da liquidare con tre svolazzi di borsa e qualche dato macro riferito, per altro, alla situazione attuale nella quale la Gran Bretagna, sarà bene ricordarlo, continua ad essere nei fatti un membro della comunità europea ed un membro, anche questo è bene ricordarlo, che gode già di accordi molto personalizzati con l’unione europea.

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