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Il fondo anticrisi dell’FMI. L’austerity a piccole rate?

Da Berlino arriva la proposta del Fondo Monetario Internazionale per l’Eurozona. A svelarla è direttamente la direttrice del fondo, la francese Christine Lagarde. Il fondo anticrisi è solo una parte di un discorso più ampio e senza dubbio condivisibile. Il rischio è che, nel concreto, si possa trasformare in una forma di austerity strutturale a piccole rate.

Ma cosa propone l’FMI? Si tratta di un fondo alimentato da tutti i paesi membri e che dovrebbe intervenire, in maniera automatica, a sostegno dei paesi in difficoltà. A fronte di una contribuzione annua dello 0,35% del PIL il fondo (central fiscal capacity, CFC) dovrebbe garantire un aiuto automatico ad un paese che si trovi ad affrontare un periodo di recessione e che sia sprovvisto di un adeguato “cuscinetto” fiscale. Il paese in questione, per accedere a questo fondo, deve essere in regola con i vincoli europei. Passata la “buriana” i fondi trasferiti dovranno essere reintegrati dal paese che ne ha beneficiato.

Uno strumento che, nelle intenzioni, vorrebbe rappresentare al tempo stesso un contributo ed un invito all’accelerazione nella creazione di una politica fiscale comunitaria. L’Eurozona gode di una robusta ripresa economica e dovrebbe quindi, secondo l’FMI, approfittare di questa finestra temporale per rafforzare i meccanismi di difesa in caso di recessione.  IL CFC, secondo lo studio del fondo monetario, dovrebbe garantire un dimezzamento degli effetti recessivi sul paese che ne usufruirà, restringendo la forbice tra paesi ricchi e paesi meno ricchi.

Il CFC, in caso di crisi particolarmente pronunciate, è potenziabile con il ricorso al mercato. Legandolo al rispetto dei parametri europei e sancendo il principio che chi ne usufruisce deve restituire i fondi utilizzati, l’FMI tenta di rendere lo strumento più “digeribile” ai paesi virtuosi.

Per Lagarde l’Eurozona deve accelerare l’integrazione fiscale per poter rispondere concretamente alle derive populiste uscite dalle recenti tornate elettorari ed affrontare la delicata fase post Brexit.

Germania e Francia sono i soggetti  destinatari del messaggio. Riusciranno i big players continentali a non trasformare questa occasione in una sorta di austerity a piccole e comode rate annuali? Potrà la Germania accettare che parte lo 0,35% della sua ricchezza serva ad aiutare le cicale europee?

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