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La BCE decreta la fine del QE. Ora cosa succede?

Dopo tanto vociferare è arrivata la conferma. La BCE decreta la fine del QE, l’acquisto di titoli di stato da parte della Banca Centrale diminuirà da settembre, azzerandosi da gennaio 2019. Il Board ha comunque annunciato un atterraggio molto morbido. Poi cosa succederà?

Partiamo dalla decisione comunicata dal board presieduto da Mario Draghi. L’acquisto di titoli da parte dell’istituto centrale scenderà da settembre fino a dicembre 2018 a 15 miliardi di euro mensili. A partire da gennaio 2019 gli acquisti saranno azzerati. Il tapering (così si chiama l’azione di riduzione degli acquisti) durerà quindi ancora 4 mesi.

Ma la dichiarazione di Draghi non si è conclusa qui. Utilizzando una delle armi più importanti per una banca centrale, l’autorevolezza, il governatore ha specificato che l’istituto continuerà a reinvestire il capitale dei bond acquistati che giungono a scadenza «a lungo dopo la fine degli acquisti netti, e in ogni caso per tutto il tempo necessario per mantenere condizioni di liquidità favorevoli e un ampio grado di accomodamento monetario».

A questo atteggiamento si aggiunge l’annuncio che di rialzo dei tassi non si parlerà se non dopo metà del 2019.

Sembra quindi scongiurato un effetto “FED 2013”, quando l’allora governatore della Banca Centrale statunitense annunciò l’inizio de Tapering, non specificando nulla sui tassi di interesse. L’effetto fu un aumento generalizzato della volatilità sui mercati, dovuto al fatto che gli investitori avevano associato l’inizio del tapering con l’inizio della politica monetaria restrittiva; per calmare le acque fu necessaria una retromarcia della FED.

I mercati non dovrebbero quindi subire grossi scossoni da questa notizia, potendo dormire notti tranquille almeno fino a giugno 2019, salvo improvvise fiammate inflazionistiche che, nell’Eurozona, paiono davvero poco probabili.

Nel breve periodo non dovrebbero esserci modifiche significative nemmeno sul fronte dei tassi di interesse praticati dalle banche su mutui e finanziamenti. Potrebbe iniziare a muoversi un po’ l’Euribor (il tasso di riferimento utilizzato per i mutui a tasso variabile) ma il suo valore dovrebbe solo leggermente avvicinarsi a 0, rimanendo negativo fino a quando non ci sarà il primo rialzo dei tassi ufficiali.

Da settembre la BCE comprerà meno, questo significa che sui titoli di stato si assisterà ad un calo della domanda. Tale calo sarà tanto più significativo quanto meno sono appetibili i titoli di stato. L’appetibilità, in questi casi, è sostanzialmente questione di sicurezza dell’investimento. Tradotto, tutto ciò significa prezzi più bassi e quindi rendimenti più alti. E se per i titoli considerati sicuri, come i Bund tedeschi, la diminuzione del prezzo potrebbe essere marginale, per titoli di emittenti più a rischio – come Italia, Spagna e Grecia –  potrebbe essere sensibile. Questo andrà ovviamente ad incidere sul famigerato spread e sugli oneri finanziari del debito (rendimento più alto significa costo del debito più alto).

La fine del QE, in ipotesi di scenario “normale”, non si dovrebbe tradurre in una catastrofe – stante anche la volonta della BCE di mantenere i riacquisti sui titoli in scadenza – ma sicuramente i mercati torneranno a contare molto di più di ora e con essi i bilanci pubblici e le prospettive di crescita.

 

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