Quando parliamo di assicurazioni dobbiamo sempre partire da un concetto chiave: il trasferimento del rischio; assicurarsi significa trasferire un rischio verso un soggetto terzo. E nelle assicurazioni ramo vita la questione non è di poco conto.
Una delle caratteristiche del contratto assicurativo è quella di trasformare un rischio puro in capo ad un soggetto (assicurato) in un rischio speculativo in capo alle imprese di assicurazione. In sostanza quando ci si assicura si vuole evitare che l’effetto economico (rischio puro) di un determinato evento ricada sulle nostre spalle. La compagnia assicuratrice si accolla il rischio economico (rischio speculativo) e guadagna sulla probabilità che l’evento non si verifichi (incassando i premi). Questo processo di trasformazione è strettamente connesso al trasferimento del rischio – il passaggio dell’effetto economico di un evento dall’assicurato all’assicuratore – che è di fatto il cuore del contratto assicurativo.
Nelle assicurazioni ramo vita rientrano tutte quelle tipologie di contratto che hanno come oggetto il trasferimento del rischio legato ad eventi connessi con la vita delle persone (malattia, morte, sopravvivenza). Sulla base di un decreto legislativo del 1995 (il numero 174), è stata stilata una lista di “rami” con i quali suddividere l’universo dei prodotti assicurativi sulla vita. Sotto il punto di vista del trasferimento del rischio è interessante notare le differenze fra i prodotti del Ramo I ed i prodotti del Ramo III.
Questi prodotti rientrano tra quelli più utilizzati per finalità previdenziali, significa quindi che il loro compito dovrebbe essere quello di trasferire, dall’assicurato all’assicurazione, il rischio di sopravvivere ad una certa età, garantendo al primo una rendita od un capitale utile a sostenerne il reddito a scadenza della polizza.
Nella realtà questo trasferimento non sempre avviene con le modalità con cui lo pensiamo. Questo non significa che sono prodotti sbagliati o da non acquistare – lo sono magari per altri motivi, ad esempio i caricamenti – ma che occorre essere coscienti della tipologia di polizza che si sta acquistando.
Usando una utile definizione spiegata dal prof. Giuseppe Corvino in un suo libro* possiamo valutare un prodotto assicurativo ramo vita in base – tra le altro cose – al tipo di rischio assicurato ed alla modalità con la quale il rendimento finanziario dei premi investiti viene riconosciuto all’assicurato.
La prima domanda da porsi è quindi: che rischio copre questa polizza? Le ipotesi possono essere tre:
- nessun rischio attinente alla vita umana
- un rischio relativo alla qualità della vita umana (malattia, infortunio)
- un rischio legato alla durata delle vita umana (caso morte, caso vita e miste)
La seconda domanda da porsi è con quali modalità la gestione finanziaria dei premi che verso andrà a contribuire alla prestazione finale. In questo caso le ipotesi sono due:
- Il contratto di assicurazione mi dice già il tasso di rendimento annuo che verrà riconosciuto sui premi versati (Ramo I)
- Il contratto di assicurazione mi dice che il rendimento sarà legato ad un parametro la cui dinamica futura non è nota (è il caso delle famose polizze linked, che rientrano nel ramo III)
Appare evidente che nel caso delle polizze di Ramo I sussista un trasferimento sia del rischio legato alla durata della vita (un rischio demografico), sia del rischio legato al fatto che la gestione finanziaria non raggiunga gli obiettivi fissati nel contratto. Se in una polizza Ramo I è scritto che il rendimento minimo sarà del 2%, l’assicurazione si accolla il rischio che i mercati non consentano alla gestione finanziaria di raggiungere un rendimenti simile. L’assicurato otterrà sempre e comunque il 2%.
I prodotti di Ramo III rendono indipendenti il rischio attuariale dalla gestione finanziaria. L’assicurazione copre il rischio che si verifichi l’evento di vita (sopravvivenza o morte) ma la componente finanziaria viene collegata ad un elemento esterno, il cui rendimento non è prefissato.
Il ragionamento dei prodotti di ramo III è il seguente. Con il premio l’assicurato compra un numero di quote (unità di conto) il cui valore è legato all’andamento delle quote di un fondo di investimento o di un paniere). L’assicurazione copre il rischio attuariale garantendo che, in caso di sopravvivenza o di morte, all’assicurato spetteranno un numero di quote (unità di conto) uguali o maggiori di quelle versate con il premio. Il valore però sarà sempre legato all’elemento esterno e rimane in capo all’assicurato.
Spesso nei prodotti ramo III sono previste delle clausole che mitigano questo mancato trasferimento, come la garanzia del capitale o di un rendimento minimo.
*Giuseppe Corvino – I prodotti assicurativi vita rivalutabili – Egea – 2004