Appena lasciato alle spalle il mese di Ottobre, mese tradizionalmente volatile che ha fatto ballare pericolosamente i listini, gli analisti si chiedono se si sia trattato di semplice correzione o se quanto visto sia solo il campanello d’allarme di un più pesante ribasso. Tori contro Orsi, la sfida sull’azionario usa continua.
A dare uno sguardo all’andamento dei 3 principali indici americani, salta subito all’occhio la performance estremamente negativa dell’ultimo mese, oltre al recupero subitaneo dell’ultima settimana. Ed è stato proprio il comportamento dei mercati azionari nel mese di ottobre a rinvigorire la discussione tra rialzisti e ribassisti.
Indice | 1 Sett. | 1 Mese | YTD | 1 anno |
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Dow 30 | 2.80% | -5.40% | 2.68% | 7.82% |
S&P 500 | 3.07% | -6.33% | 2.50% | 5.89% |
Nasdaq | 3.72% | -7.36% | 7.69% | 9.90% |
A supportare le scommesse su un novembre a tinte rosee c’è anche la statistica. Tutti gli indici americani hanno chiuso in positivo l’undicesimo mese dell’anno nel corso dell’ultimo quinquennio. A questo si aggiunge la particolare congiuntura di fine anno che è spesso coincisa con un mini rally sotto Natale. Per questo e per molti altri motivi, diversi analisti considerano ancora del tutto valida la previsione di una chiusura 2018 dello S&P500 sopra i 13000. punti.
Ieri, nel corso di una intervista alla CNBC, Tom Lee, strategist di Fundstrat Global Advisors , ha detto la sua sul momento e sono state parole sicuramente originali. Per Lee la valutazione sull’azionario USA va fatta su un orizzonte temporale ampio. L’attuale trend di crescita dura da circa un decennio e, secondo Lee, è destinato a durare almeno fino al 2035. Un bull market destinato a raggiungere il top del millennio secondo lo strategist che, ha aggiunto, prevede un recupero dei listini già nelle prossime settimane attorno al 13%.
Se Lee rappresenta forse una delle visioni più ottimistiche tra gli analisti, molte sono le voci a conferma di un possibile rialzo nel breve termine. Scott Minerd, ad esempio, capo investimenti di Guggenheim Partners, ipotizza una fase di rimbalzo nell’ordine del 15-20%. Tra le motivazioni il fatto che i multipli delle azioni, in previsione, rimangono ancora su livelli sostanzialmente sostenibili e che la politica monetaria della Fed, ad oggi, non risulta capace di intaccare il trend positivo di breve periodo dei listini azionari.
Recent value declines are consistent with the 5-1/2% 10-year note. Rising rates are not yet derailing the bull market. pic.twitter.com/FZUcprcQvS
— Scott Minerd (@ScottMinerd) October 26, 2018
Minerd, e con lui una buona parte di analisti, insiste sul fatto che, nel medio periodo, le cose potrebbero drasticamente cambiare. Nelle sue previsioni pone la deadline della crescita dell’azionario USA nella seconda metà del 2020, quando la spinta rialzista della Fed potrebbe aver terminato la sua fase di neutralità rispetto alla crescita economica.
Ma c’è chi dubita anche del fatto che vi siano prospettive di rialzo nel breve termine. Tra questi spicca il guru dell’analisi tecnica, Ralph Acampora. Secondo Acampora il sell off di ottobre avrebbe intaccato l’impianto tecnico dei listini molto più in profondità di quanto possa apparire. Le pesanti cadute sul comparto tecnologico, con i FANG a guidare in solido la correzione, necessiteranno di molto tempo per poter essere recuperate. Per Acampora ci sono segnali di mercato orso e qualcosa potrebbe già scattare entro il primo trimestre del 2019.
Tori contro Orsi, la discussione rimane aperta, anche se cominciano ad essere decisamente molte le prese di posizione che vedono nel biennio 2019-2020, una sorta di spartiacque tra una fase rialzista ed una di ribasso.