Il rallentamento dell’economia mondiale, da temuta ipotesi, si sta lentamente trasformando in una certezza con la quale fare i conti da qui ai prossimi 12 mesi.
La stagione delle trimestrali negli Stati Uniti sta consegnando un quadro contraddittorio. Se da un lato i profitti ritoccano i record, dall’altro lato le prospettive per il futuro prossimo si fanno incerte, tanto da costringere alcune società a non dare indicazioni sull’ultimo trimestre del 2018. Anche gli analisti sembrano piuttosto unanimi nell’indicare il biennio 2019-2020 come una fase di calo di ricavi e di utili per le società quotate.
E del fatto che l’aria stia cambiando se ne sono accorti anche i mercati, con le principali borse mondiali che rischiano di chiudere l’anno sulla pari, dopo anni di crescita.
In Europa le cose non vanno molto meglio. Le stime del PIL del 3° trimestre, sia della zona euro che dell’UE, mostrano i segni del rallentamento in atto. Particolarmente significativi i dati del PIL di Italia (crescita 0) e della Germania (-0,2%, sotto attese).
Un raffreddamento globale sulla cui accelerazione pesano certamente anche le rappresaglie commerciali tra USA e Cina (in attesa di novità per fine novembre) ma che non arriva del tutto inatteso. Lo conferma anche Ed Yardeni che propone (nel suo sito yardeni.com) due grafici piuttosto significativi.
I due grafici rappresentano l’andamento di OECD Leading indicators e PMI Purchasing Managers a livello globale. Il primo rappresenta una serie di super indici anticipatori dell’andamento dell’economia da qui a 6/9 mesi, mentre il secondo “testa” la fiducia dei direttori d’acquisti delle società sulle future prospettive economiche.
In entrambi i casi si nota subito come il trend si sia invertito a cavallo tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018. Nel caso dell’OECD Leading indicator la lettura è sotto quota 100, situazione che indica l’aspettativa di una fase di prossima contrazione.