I risultati elettorali che stanno componendo il nuovo parlamento europeo parlano chiaro. Le elezioni europee consegnano all’unione una nuova maggioranza (tutta da creare) e la questione Brexit che, se possibile, diventa ancora più caotica.
Con una proiezione di circa 170 seggi, il PPE è il primo gruppo del nuovo parlamento europeo, 150 sono i seggi del partito socialista europeo mentre, ago della bilancia saranno i liberali dell’ALDE, con i loro 108 seggi ed il partito dei verdi. Nel complesso le forze pro-europa mantengono il controllo di circa due terzi del parlamento.
Margrethe Vestager (ALDE) parla di monopolio del potere spezzato. Ed in effetti, per la prima volta dal 1979, PPE e PSE non avranno la maggioranza dei seggi parlamentari. Le parole della Vestager, che si candida a presidente della commissione, sono il primo segnale di una non facile trattativa per la composizione della nuova maggioranza.
Il fronte anti-europeista avanza ma non sfonda. Certamente non possono passare inosservate le vittorie della Lega in Italia e – fatto forse più eclatante – del partito di Marin Le Pen in Francia. Posto che in Europa cambierà poco o nulla, quali saranno le ripercussioni sui governi nazionali? Questo è forse l’argomento che più interessa i mercati nel day after delle elezioni europee. Tsipras, primo ministro greco il cui partito ha subito una sonora sconfitta, parla di elezioni anticipate. La Le Pen chiede lo scioglimento del parlamento mentre, in Italia, il leader della Lega Salvini sembra non mettere in dubbio la continuazione dell’esperienza di governo giallo-verde.
La straripante vittoria del partito di Farange potrebbe segnare un’accelerazione nel caos Brexit. Verosimilmente la batosta presa sia dai Tories che dal Labour renderà difficile la formazione di un nuovo governo. Se un esecutivo dovesse nascere si troverebbe comunque di fronte una situazione caotica. Analizzando i dati si scopre che i partiti del “Remain” coprono il 40% dell’elettorato, quelli dell’hard Brexit il 34%. Farange, dal canto suo, sostiene che o si esce entro il 31 ottobre o si andrà a nuove elezioni e sarà il suo partito a “completare il lavoro”. Cosa succederà? Un’uscita senza accordo, nuove elezioni o nuovo referendum? Un dilemma.
Anche questo sarà un argomento da masticare per gli operatori finanziari, forse la preoccupazione maggiore creata da questa nuova tornata elettorale.