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Mercati emergenti, la sofferenza continua ma…

Dal 2013 ad oggi l’indice azionario americano S&P500 ha quasi raddoppiato il suo valore. Nello stesso periodo la media dei mercati azionari dei paesi emergenti ha segnato una perdita di circa 2 punti percentuali.

Come spiegare questo evidente disallineamento? Di certo non è un mero fatto finanziario. Il Fondo Monetario Internazionale, a luglio 2019, ha tagliato le stime di crescita dei paesi emergenti al 4,1%. Un dato che visto da occidente sembra un miraggio ma che da quelle parti significa il ritmo più basso dal 2009 ad oggi.

Colpa dell’instabilità politica che ha scosso paesi come la Turchia e l’Argentina, con ripercussioni pesanti sulle loro monete. Il rallentamento cinese e la perdurante fase di incertezza sui dazi, inoltre, non hanno aiutato di certo le piccole economie asiatiche che ruotano attorno a Pechino.

Colpa anche – e soprattutto – di un dollaro forte, conseguenza di tassi di interesse remunerativi derivanti dalla politica monetaria restrittiva della FED. Molti investitori, negli ultimi anni, hanno preferito virare sui titoli di stato americani e sui loro rendimenti attorno al 2%, evitando i rischi sempre più marcati dei paesi emergenti. Senza dimenticare la massiccia presenza di debito, specie a breve termine, denominato in valuta estera (tanto più oneroso quanto più si apprezza la valuta di denominazione).

Per rispondere a questa emorragia di capitali esteri dai mercati emergenti, le banche centrali di questi paesi si sono viste costrette a mantenere rendimenti elevati per ripagare profumatamente il rischio e tenere a galla le valute locali. E questo pur in presenza di livelli di inflazione sotto controllo. Qualche dato: l’Indonesia ha alzato i tassi di quasi due punti percentuali nel solo 2018; nello stesso periodo Russia ed India hanno intrapreso una politica monetaria restrittiva ed il Brasile ha chiuso i rubinetti della liquidità.

L’orizzonte non sembra schiarirsi per i mercati emergenti anche se, come sottolineano gli analisti, le recenti decisioni “dovish” della Federal Reserve potrebbero avere nei prossimi mesi ripercussioni positive. Rendimenti USA più bassi potrebbero convincere gli investitori a riconsiderare investimenti in aree alternative; allo stesso tempo le banche centrali dei paesi emergenti potrebbero finalmente dare fiato alle proprie economie aumentando la liquidità. La Corea del Sud, il Brasile ed il Sud Africa lo hanno già fatto, il Messico potrebbe seguirli a breve.

Di certo per i mercati emergenti rimarranno due insegnamenti da questo lungo periodo di debolezza. La necessità di ridurre il massiccio ricorso al debito denominato in valuta estera; l’opportunità per molti paesi asiatici di ripensare i rapporti con la Cina e di aprirsi ad altre opportunità di investimento.

Per il momento le previsioni positive di inizio 2019 sembrano destinate ad andare deluse ed il 2020 potrebbe non interrompere il trend.

Foto di Leon_Ting

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