La stagione delle trimestrali si avvia al termine e come al solito gli ottimi dati elaborati da FactSet ci aiutano a capire meglio come la congiuntura internazionale, in particolare Brexit e tensioni commerciali, impattano sui conti delle società quotate.
Il primo dato interessante riguarda le trimestrali delle società quotate sullo S&P500. Al 28 ottobre scorso quasi la metà (il 40%) delle aziende del listino aveva pubblicato i propri conti di fine terzo trimestre. Suddividendole in due gruppi, a seconda che il loro fatturato sia prevalentemente realizzato in terra statunitense o all’estero, FactSet ha provato a calcolare il peso delle tensioni commerciali su utili e ricavi.
A fronte di una media generale (comprendente anche le previsioni delle società che non hanno ancora pubblicato i conti) che vede gli utili del 3° trimestre scesi del 3,6%, le società con volume d’affari prevalentemente estero hanno subito un arretramento del 9,1%. Le società che fanno affidamento principalmente sulla domanda interna, invece, hanno chiuso il trimestre con un -0,8% di utili.
Ancora più significativo il dato sui ricavi. Se nella media è cresciuto del 2,8%, le aziende con un profilo internazionale sono andate in controtendenza, segnando un arretramento del 2%. Anche in questo caso la domanda interna si dimostra la forza trainante degli States, le società con più del 50% del fatturato realizzato entro i confini statunitensi hanno aumentato i ricavi del 4,6%.
Altro grosso fattore di incertezza sui mercati è la vicenda legata alla Brexit. Come sappiamo, l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea è stata posticipata a gennaio 2020 (salvo improbabile soluzione anticipata). FactSet ha provato a capire quali siano i settori che fino a questo momento hanno pagato il fio più pesante. Per farlo la società di analisi finanziaria ha setacciato tutte le dichiarazioni che hanno accompagnato la presentazione delle trimestrali delle società appartenenti al FTSE 100, l’indice di borsa londinese. La frequenza dell’utilizzo della paralo Brexit, unita all’analisi dell’andamento dei prezzi e alla distribuzione geografica dei ricavi, ha permesso alla ricerca di individuare alcuni settori particolarmente sensibili all’affaire Brexit.
Sinteticamente possiamo dire che i settori delle telecomunicazioni, delle utilities e dei consumer services sono i più esposti alle conseguenze della Brexit dal punto di vista della distribuzione geografica dei ricavi. Telecomunicazioni ed utilities sono i settori che hanno pagato di più in termini di quotazioni di borsa. Dal referendum del 2016 ad oggi le telecom hanno lasciato sul terreno un 39%, le utilities il 22%. Nello stesso periodo l’indice FTSE 100 è cresciuto del 13% (lo S&P500 del 38%).
Se questi sono i settori più colpiti a livello di numeri, quello più preoccupato sembra essere il settore finanziario. Delle 27 società su 67 (circa il 40%) che nelle earning calls di giugno 2019 hanno citato il termine Brexit, 11 sono del settore finanziario.
Le due ricerche, su Brexit e tensioni commerciali, sono un ulteriore indizio della profonda incidenza delle scelte politiche internazionali sull’economia reale.
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