La settimana inizia con tanti dati PMI sul settore manifatturiero a gennaio. Segnali incoraggianti arrivano sia dall’eurozona che dagli Stati Uniti, debolezza da Cina, Giappone ed Australia. Tutto nella nostra K Briefing di inizio settimana.
PMI manifatturiero a gennaio in miglioramento nell’eurozona. L’indice Markit sullo stato di salute del settore manifatturiero nell’eurozona da indicazioni tutto sommato positive. A gennaio il PMI per l’intera zona sale più del previsto a quota 47.9 (ancora in zona contrazione, quindi). Bene la Francia (51) e la Grecia (54.4). Rimangono in zona contrazione (sotto 50) ma in miglioramento Italia (48.9 da 46.2) e Germania (45.3 da 43.7). Aumenta anche il PMI spagnolo ma meno delle attese, da 47.4 a 48.5.
Europa, PMI. Bene Svezia, misto est. Il PMI manifatturiero svedese sale in zona espansione a gennaio con un balzo da 47.7 (rivisto al rialzo) a 51.5. Permangono in zona contrazione Repubblica Ceca (in miglioramento da 43.6 a 45.2) e Polonia (qui il PMI peggiora). In Ungheria il dato si mantiene sopra soglia 50 ma in peggioramento, stesso discorso per la Norvegia.
Turchia, migliora PMI e aumenta inflazione. Il PMI manifatturiero turco torna in area espansione a 51,3 dal 49.5 precedente. A gennaio aumenta più del previsto l’inflazione che va al 12.15% dall’11.84%. In aumento anche i prezzi alla produzione, il dato annuo passa dal +7.36% al +8.84%.
Cina e Hong Kong. Dati brutti in attesa dell’effetto coronavirus. A dicembre i profitti industriali cinesi segnano un -3.3% rispetto a 12 mesi prima, in peggioramento dal precedente rilevamento. Il PMI di gennaio segna un 51.1, in leggero peggioramento rispetto al dato precedente. La stima preliminare della crescita di Hong Kong nel 4° trimestre 2019 segna -0.4% su trimestre, -3.0% su base annua. Dati in peggioramento. Su tutti pesa l’epidemia di coronavirus, i cui effetti saranno tracciati a partire dai dati di Febbraio.
Giappone e Australia, manifattura in contrazione. Il Nikkei Manifacturing PMI scende a gennaio sotto quota 50, l’indice Markit segna 48. In Australia l’AIG manifacturing index peggiora portandosi a 45.4 da 48.4.
Cina e coronavirus. La maxi iniezione di liquidità non ha salvato la borsa di Shangai, crollata dell’8%, mentre rumors sostengono che il governo sarebbe pronto a rivedere, tagliandole, le stime di crescita per il 2020. A soffrire sono tutti i settori, in particolare le esportazioni di cibo (di oggi il blocco prudenziale da parte dell’Indonesia). Le reazioni erano piuttosto scontate e non aggiungono molto a quanto già sappiamo. Interessante invece il possibile sviluppo del protocollo di cura thailandese (riportato da Reuters) che sembra dare buoni risultati sui pazienti ma che necessita di conferme, dato il campione esiguo di sperimentazione. Il tempo sarà il fattore determinante per capire l’esatta portata in termini economici dell’epidemia.
Manifattura USA a gennaio. L’indice Markit PMI segna 51.9 in leggero calo dal dato di dicembre. La fase di espansione è ora confermata anche dall’ISM il cui indice tocca a gennaio quota 50.9, da 47.8. Si tratta della prima volta da 6 mesi a questa parte che l’indice elaborato dall’istituto ISM segnala una fase di espansione per il settore manifatturiero. Il gap mensile (3,1 punti) è il più alto dal 2013 ad oggi. In crescita tutte le componenti con nuovi ordini e prezzi sopra i 50, mentre rimane sotto quota 50 la componente occupazione. La prudenza però è d’obbligo. Da un lato occorre attendere il dato di febbraio per capire le conseguenze dell’epidemia di coronavirus; dall’altro lato il dato sulla spesa per costruzioni del settore privato segna un -0.2% rispetto a dicembre. Più in particolare la spesa destinata a costruzioni non residenziali (ossia gli investimenti da parte delle imprese) è calata dell’1.8% rispetto a dicembre, il calo più significativo da aprile.
Foto di David Mark