La permanenza prolungata dei tassi di interesse in zone prossime o inferiori allo zero è oramai pacificamente ritenuta un’arma a doppio taglio per l’economia. Tanti gli effetti collaterali di una politica monetaria ultra espansiva, uno di questi riguarda lo stretto rapporto tra tassi di interesse e profitti bancari.
Mark Carney, l’ormai ex governatore della Banca d’Inghilterra, ha dichiarato pochi giorni fa, col sorriso ma piuttosto seriamente, di ritenersi molto fortunato a non aver portato i tassi di interesse inglesi a zero o sotto tale soglia, considerando l’ipotesi un male per l’economia del regno. Negli stessi giorni Lagarde, pur difendendo le scelte del proprio predecessore, sottolineava come il board della BCE abbia esatta contezza di quanto i tassi a zero possano portare, oltre ai benefici, complicate gatte da pelare.
Lo sanno bene i banchieri dell’eurozona. Da un lato i tassi negativi dei depositi presso la BCE, costati fino ad ora oltre 20 miliardi di euro; dall’altra lo stretto rapporto tra tassi bassi e profitti bancari. Variabili che rendono fragili i bilanci, fanno evaporare posti di lavoro, scaricano costi sui clienti ed indeboliscono l’intero sistema finanziario. In ultima istanza, rischiano persino di far inceppare il meccanismo di trasmissione, dal mondo finanziario all’economia reale, della politica monetaria espansiva.
Tassi bassi e profitti bancari si diceva. La relazione tra queste due entità è stata oggetto di studio. La curva dei tassi è stata analizzata per verificare se ed in che modo una modifica della sua pendenza abbia conseguenze sui bilanci degli istituti bancari. Sappiamo infatti che la banca centrale incide in maniera diretta sui tassi a breve, ma ha un’influenza importante anche sulle aspettative future e quindi sui tassi a lungo. Strumenti non convenzionali come lo Yield Curve Control arrivano addirittura a pilotare in maniera diretta i rendimenti a medio termine.
Un primo studio, del 2002 (English), sosteneva che i rendimenti degli asset bancari sono maggiormente legati a tassi a lungo termine rispetto agli interessi legati alle passività. Quindi più la curva dei tassi si appiattisce e più i margini di profitto si restringono.
Uno studio della BIS condotto su 14 grandi banche internazionali, raccogliendo i dati dal 1995 al 2012, si spinge oltre, trovando evidenze delle stretto rapporto tra tassi bassi e profitti bancari. Un relazione positiva, risultato della combinazione di due “forze” di segno opposto. Da un lato il livello dei tassi a breve e l’inclinazione della curva influiscono sul profitto netto tra interessi passivi ed attivi. Dall’altro lato, i tassi alti diminuiscono gli introiti derivanti dai servizi del debito (meno prestiti, più rischi di default) e da attività non strettamente legate ai servizi bancari classici.
Lo studio dimostra come, all’interno di una relazione non lineare, i tassi bassi influiscano in maniera significativa all’erosione dei profitti bancari. Il modello econometrico messo a punto dai ricercatori della BIS ci dice che un aumento dei tassi dallo 0% all’1% aumenta il margine per le banche dello 0.5%. Un aumento dal 6% al 7% dei tassi di interesse, incide in maniera molto più marginale, appena lo 0.2% di profitto in più.
Tra il 2009 ed i 2011 i tassi bassi a breve termine furono compensati da una curva dei rendimenti ripida. Il Return on Asset (ROA) medio delle banche esaminate crebbe, in quel periodo, dello 0.3%. Tra il 2011 ed il 2014, i tassi a breve hanno continuato ad abbassarsi e contemporaneamente si è assistito ad un progressivo appiattimento della curva dei rendimenti. Tutto ciò, secondo il modello econometrico elaborato dalla BIS, si è tradotto in una riduzione del ROA pari allo 0.6%.
Al di là delle conseguenze sulla remunerazione degli azionisti, non bisogna mai dimenticare come le banche abbiano un ruolo chiave nel sostenere l’attività economia di un paese. Avere banche più fragili dal punto di vista reddituale significa avere istituti meno capaci di sostenere finanziariamente gli attori economici (consumatori ed imprese) che creano ricchezza. Anche per questo motivo non è possibile perseverare troppo a lungo con i tassi a zero.
Foto di Steve Buissinne