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Coronavirus e shock economico in Cina. Gli effetti potrebbero durare a lungo.

Tra timidi segnali di rallentamento dell’epidemia di coronavirus e prime avvisaglie degli effetti sull’economia, gli analisti si dividono sull’entità e sulla durata dello shock economico in Cina.

Quei dati sui contagi che non convincono

Le notizie che arrivano dalla Cina sono contrastanti. Da un lato i dati ufficiali segnalano che, per la prima volta dall’inizio dell’epidemia, il numero dei nuovi contagiati è inferiore rispetto a quello delle persone dimesse dagli ospedali. Dall’altro lato, però, il governo centrale ordina il blocco delle frontiere e, notizia di poche ore fa, cambia per la seconda volta in poco più di due settimane, il metodo di misurazione dei contagi. Così nel giro di un giorno, nella provincia di Hubei, si è passati da 1700 casi a 349. Nel frattempo il coronavirus COVID-19 ha ucciso più di 2000 persone, superando nel triste bilancio l’epidemia di SARS del 2003.

Shock economico in Cina. Veloce o lento?

Gli analisti economici guardano anche a questo. La percezione che i numeri forniti dalla Cina non siano affidabili al 100% rende più complicato capire l’esatta dimensione del fenomeno. Di conseguenza risulta difficile stabilire se lo shock economico in Cina sarà di breve durata o se segnarà l’intero 2020.

Se nelle prime settimane la sensazione era quella di una situazione risolvibile in tempi brevi, ora diverse analisi tendono a suggerire un approccio più prudente.

I ricorsi storici non sembrano molto utili. Paragonare la Cina odierna a quella che nel 2003 affrontò la SARS può portare fuori strada. Oggi la Cina rappresenta il 17% della produzione mondiale, nel 2003 era quattro volte meno importante.

Nomura, in questi giorni, ha avvisato che se anche l’epidemia tendesse a ridurre rapidamente i suoi effetti, la produzione cinese potrebbe avere più di un problema a ripartire velocemente. Il paese è bloccato. La ripresa del lavoro dopo le ferie di inizio anno è stata marginale. Molte aziende non possono riaprire gli stabilimenti anche per il semplice fatto che mancano forniture sufficienti di mascherine e ci sono difficoltà serie nei trasporti. La mancanza di liquidità rende complicato pagare salari e far fronte alle obbligazioni finanziarie. Aumenta il rischio di fallimenti, di licenziamenti e quindi, in ultima istanza, tutto si traduce in una domanda interna sempre più debole.

S&P Global Ratings afferma che la crescita dell’economia cinese potrebbe scendere per il 2020 sotto il 5%, livelli che non si vedono da 30 anni dalle parti di Pechino. Citigroup ha rivisto al ribasso le sue stime sull’impatto del COVID-19 sulla crescita cinese: +3.6% nel primo trimestre e +5.3% per l’intero 2020 (in precedenza erano rispettivamente +4.8% e +5.5%)

Le implicazioni sull’economia globale

Il blocco dell’economia cinese significa pesanti ricadute per l’economa globale. Il principale problema riguarda le forniture. Particolarmente evidente la situazione del settore automobilistico. La Nissan ha da poco sospeso la produzione in uno dei suoi stabilimenti in Giappone per mancanza di componenti forniti da produttori cinesi. FCA ha annunciato una mossa simile per uno stabilimento in Serbia. L’associazione dei costruttori di auto cinese stima un taglio alla produzione del 10% per il primo semestre del 2020. Anche il mercato del petrolio accusa il colpo, l’OPEC ha tagliato le stime sulla crescita della domanda globale di greggio per il 2020.

Lo shock economico in Cina oltre a rappresentare uno shock dal lato dell’offerta ha pesanti ripercussioni sulle vendite. Situazione che mette a rischio i profitti delle aziende. La Cina rappresenta il mercato di riferimento per il settore auto e per i semiconduttori. Apple, Alibaba e Tesla hanno recentemente dichiarato di aspettarsi profitti sotto le attese per il primo trimestre 2020, a causa della chiusura forzata dei negozi cinesi e della produzione limitata. Come ci ricorda FactSet, il 38% dei ricavi delle società appartenenti all’MSCI USA index, vengono prodotti fuori dagli Stati Uniti, il 5,7% proviene dalla Cina. E gli USA non sono nemmeno tra i paesi più esposti. Le conseguenze e gli effetti domino di tutto ciò sono facilmente immaginabili. Singapore, Taiwan, Australia e Corea del Sud sono i partner commerciali più stretti della Cina, ma anche Giappone e Germania rischiano di subire pesanti rallentamenti alla loro crescita economica (forse fino alla recessione).

Shock economico in Cina, impatto sui ricavi
La percentuale di ricavi prodotti in Cina (sul totale complessivo) dei TOP 20 indici MSCI nazionali. Fonte: FactSet

Banche centrali e governi pronti

Banche centrali e governi sono già al lavoro per trovare soluzioni in grado di ridurre gli effetti dello shock. La stessa Cina sta agendo. La Banca centrale ha iniettato liquidità nel sistema per sostenere il mercato creditizio e ridotto i tassi di riferimento per i REPO. Fed e BCE riferiscono di monitorare costantemente la situazione.

Tutto dipende dai tempi, meglio essere prudenti

Tianlei Huang, ricercatore del Peterson Institute for International Economics riassume in una frase la situazione: “più a lungo durerà l’epidemia e più il percorso dell’economia cinese verso la ripresa avrà la forma di una U anzichè di una V”. Le incertezze sui dati dell’epidemia, la centralità dell’economia cinese per quella globale, il fatto che lo shock internazionale si configuri come uno stop dal lato dell’offerta. Questi sono alcuni degli argomenti che suggeriscono prudenza.

Foto di Michael Siebert

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