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Liquidità, imprese e futuro

La liquidità è uno dei grandi temi di questo periodo di crisi economica scatenata dalla pandemia. La sua mancanza non ha solo effetti immediati sulle imprese ma può modificare profondamente anche il loro futuro. Argomento che deve interessare anche gli investitori.

La liquidità delle imprese, dei professionisti ma anche dei cittadini. Ne sentiamo parlare tutti i giorni, in Italia c’è persino un decreto così appellato. La mancanza di denaro per far fronte alle esigenze di brevissimo termine è uno dei grandi problemi di questo periodo. Il lockdown, con la chiusura di attività e persone, ha ridotto considerevolemente gli affari, riducendo all’osso le disponibilità liquide degli attori economici. Negli USA, come risulta da un recente sondaggio, le piccole realtà economiche dichiarano di avere liquidità per sopravvivere 2/3 mesi al massimo. Dati simili si possono riscontrare anche in altri paesi e non è un caso se molti degli interventi di stimolo, della politica fiscale e monetaria, sono incentrati proprio sul trasferire denaro, nel modo più veloce possibile, agli operatori economici.

Avere liquidità è un fattore strategico per le imprese; lo è nel breve termine ma lo diventa ancora di più nel lungo periodo. Chi dispone di risorse finanziarie facilmente smobilitabili riesce a far fronte ai costi anche nei periodi di forte recessione. Ma non solo. Avere una cassa ben fornita consente di non abbandonare i piani di investimento; e continuare lo sviluppo significa acquisire un vantaggio competitivo nei confronti di tutte le realtà che, invece, sono costrette a contare i centesimi per sopravvivere.

Molte ricerche hanno indagato il ruolo della liquidità nello sviluppo delle imprese e la sua funzione nei periodi recessivi. Emergono tre grandi pregi. Il primo è una riduzione del ricorso a capitale di terzi che, in periodi traballanti, può diventare molto oneroso. Il secondo pregio sta nella stabilità di valore della liquidità. In periodo di recessione i corsi azionari tendono a scendere, trascinando all’ingiù anche il valoro complessivo della società. La presenza di una consistente “base” di liquidità controbilancia questo movimento, consentendo alla società di potersi presentare agli investitori più solida rispetto alla concorrenza. Infine, come detto in precedenza, una buona dotazione di liquidità consente di proseguire i propri programmi di sviluppo, anche nei momenti di contrazione economica.

Studi effettuati sulla relazione tra liquidità, fasi recessive ed investimenti aziendali dimostrano come le aziende fornite di cassa riescano nel medio termine a trarre un significativo vantaggio competitivo rispetto alle aziende a corto di cash.

In Gran Bretagna, ad esempio, nel corso della crisi finanziaria del 2008 le società con una bassa disponibilità liquida hanno ridotto le proprie immobilizzazioni del 5%, mentre quelle dotate di una cassa adeguata non hanno subito perdite in tal senso. Negli anni dopo la crisi lo stock di immobilizzazioni delle prime è ulteriormente diminuito del 6%, mentre le società “virtuose” sono riuscite ad aumentare i propri investimenti fissi del 5%. In definitiva, nell’esempio inglese, il gap apertosi tra società con liquidità adeguata e società sprovviste ha raggiunto, passata la crisi, l’11%.

Certo, la situazione attuale è molto diversa rispetto a quella della crisi finanziaria del 2008. Gli stimoli finanziari e monetari stanno facendo affluire nelle casse aziendali molte risorse ed è probabile che il gap sia ridotto, ma non sarà di certo azzerato.

Dal punto di vista dell’investitore tutto questo può tradursi in un utile suggerimento: occhio alla cassa.

Foto di ds_30

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