Il 22 maggio l’Argentina potrebbe rischiare di cadere nel nono default della sua storia di nazione indipendente. Quali sono le proposte in campo e cosa può succedere?
Nel 2016 gli investitori internazionali hanno deciso di puntare sul governo di Mauricio Macri. L’Argentina, dopo il crac di inizio secolo, veniva da una serie di governi piuttosto spendaccioni ed inconcludenti. L’uomo nuovo, Macri, prometteva una robusta serie di riforme per rimettere sui binari il paese e rispettare i patti con i creditori.
Le cose non sono andate come ci si aspettava, il governo Macri non ha invertito la rotta sui conti pubblici, l’economia è letteralmente crollata (in contrazione da 3 anni) e l’inflazione ha acceso i motori schizzando verso l’alto.
Nel 2018 ecco la nuova richiesta di aiuto, 56 miliardi di dollari che il Fondo Monetario ha concesso continuando a dare fiducia al governo Macri. Il resto è storia recente. Macri perde le elezioni, torna al comando la coalizione di Cristina Fernandez de Kirchner, questa volta con il giovane Alberto Fernandez alla guida del paese. Risultato finale: rinegoziazione del debito.
L’offerta di partenza del nuovo esecutivo è spiazzante: sospensione dei pagamenti per 3 anni, taglio delle cedole del 62%, taglio del 5,4% del debito denominato in dollari. I creditori rispediscono al mittente l’offerta e preparano una controproposta. Inizialmente la deadline per giungere ad un accordo era l’8 maggio, trasportata poi al 22 maggio. Dopo questa data il mancato pagamento di 500 milioni di dollari di cedole porterà l’Argentina al terzo default del nuovo millennio.
A complicare il quadro è arrivata, lo scorso 14 giugno, la dichiarazione di selective default della provincia di Buenos Aires. Giovedì scorso, infatti, è completamente saltato il pagamento di interessi per 150 milioni di dollari, aggiungendo al malloppo di debito nazionale, altri 7 miliardi di dollari di debito da ristrutturare con i creditori internazionali.
Un default in piena pandemia non è certo qualcosa a cui andare incontro con leggerezza. L’impegno per trovare un accordo tra le parti sembra essere massimo e l’ultima proposta dei creditori sembra poter avere buone change di andare in porto.
Foto di José Coriolano jcorifjr