Le pandemie, al pari di altri grandi shock collettivi, velocizzano i cambiamenti sociali ed economici. Investire nell’accelerazione è la sfida che gestori ed investitori si trovano di fronte.
La scorsa settimana scrivevamo di Steve Davies e del suo “Going Viral”, un interessante paper sulla storia delle pandemie. Ad un certo punto Davies scrive che uno degli effetti tipici di questi eventi è l’accelerazione di alcuni processi di cambiamento. Se investire richiede un giusto mix tra il guardare al passato ed il provare ad immaginare cosa potrà essere decisivo nel futuro, allora lo spunto di Davies non può cadere nel vuoto.
Investire nell’accelerazione. Che vuol dire? Significa semplicemente provare ad osservare, con la massima oggettività possibile, quali sono i cambiamenti sociali ed economici in grado di ricevere una spinta propulsiva dalla fase pandemica del covid-19 e, ancora di più, dalla fase di “ricostruzione”.
In parte abbiamo già iniziato a parlarne a marzo, quando si provava ad immaginare il mondo dopo il covid-19. Oggi abbiamo qualche tassello in più per orientarci meglio tra le opportunità di investimento.
In Wells Fargo hanno chiamato questo esercizio “investing on the right side of change“, un’analisi dei cambiamenti in atto, dei loro attori e della loro sostenibilità economico/finanziaria. Questo framework, ideato più di un anno fa da Ozo Jaculewicz e dal suo team, sembra perfetto in tempi di grandi cambiamenti come quelli che stiamo vivendo.
In questo immenso campo di battaglia dell’economia globale sembrano affrontarsi 3 grandi eserciti di aziende. Ci sono le aziende tecnologicamente avanzate, le prime in grado di trarre benefici dal cambiamento e che, dall’alto della collina, godono di una posizione di vantaggio competitivo. Al piano, ma dotate di mezzi sufficienti per continuare la battaglia, ci sono le aziende che si stanno attrezzando al cambiamento, ridisegnando la propria struttura per renderla compatibile con l’entrante digital economy. Nel dirupo, definitivamente in trappola, il manipolo di aziende non in grado di adattarsi, destinate a capitolare alzando bandiera bianca.
Sulla collina è facile scorgere qualche nome. Tesla, per esempio. Con diversi anni di applicazione nel campo delle auto elettriche e della guida autonoma, la società di Elon Musk può ora contare su un vantaggio competitivo che riconoscono, candidamente, anche i concorrenti. La storia di Zoom, la piattaforma di videoconferenze, è ancora più significativa. Un dato per raccontarla: 100 milioni era il volume di conferenze online ospitate nel 2015, oggi siamo a 200 milioni di conferenze giornaliere.
Al piano combattono le aziende che hanno accettato la sfida del cambiamento digitale. Come Disney, la cui piattaforma digitale (lanciata con tempismo impressionante) ha registrato 100 milioni di dollari di abbonamenti in sole 3 settimane.
Facile infine immaginare sul fondo del dirupo, praticamente in trappola, grandi colossi petroliferi a corto di idee di fronte alla sfida del cambiamento energetico.
Investire nell’accelerazione significa gettare uno sguardo tra collina e pianoro; provare ad individuare, tra i combattenti, quelli più robusti sia in termini di idee che di struttura finanziaria. Ben sapendo che la parte più avventurosa, ma anche remunerativa, sta li sul piano, tra le società in trasformazione.
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