Gli scienziati ci dicono che le epidemie saranno una costante nei prossimi decenni. Per salvaguardare le economie da nuovi profondi shock, specie in tempi di politica monetaria ultraespansiva ed alto debito, l’FMI suggerisce l’attivazione di un sistema di stimoli fiscali automatici.
Shi Zhengli è una delle più note virologhe cinesi. A capo del tanto discusso Wuhan Institute of Virology, è soprannominata “bat woman” per il suo consistente lavoro di studio sul coronavirus nei pipistrelli. Intervistata da una televisione cinese, Shi Zhengli ha avvertico che COV-SARS2 è solo la punta di un iceberg; e che solo lo studio approfondito dei virus presenti nell’ambiente, ed in particolare negli animali selvatici, può preparare l’umanità ad affrontare nuove epidemie. Ecco il punto: prepararsi a nuove epidemie. Perchè – e questo pare mettere d’accordo tutti gli esperti del settore – nuovi virus e nuovi “outbreak” non sono solo possibili ma anche probabili.
A doversi far trovare preparati non saranno solo i sistemi sanitari ma anche, e forse soprattutto, i sistemi economici. Ma da dove partire per costruire un framework capace di limitare gli effetti deleteri di una pandemia?
Un suggerimento interessante al riguardo arriva dal Fondo Monetario Internazionale. Uno studio inserito nell’ultima edizione dell’Economic Outlook ha provato a “testare” l’impatto di un sistema di stimoli fiscali automatici” in presenza di uno shock economico negativo non finanziario.
La ricerca, condotta da Michal Andrle, Philip Barrett, John Bluedorn, Francesca Caselli e Wenjie Chen, ipotizza che un paese possa adottare degli strumenti fiscali in grado di attivarsi automaticamente al deteriorarsi delle condizioni economiche. Un esempio di tale meccanismo può essere un sussidio al reddito di determinate fasce di popolazione che scatta nel momento in cui il tasso di disoccupazione supera una specifica soglia.
L’adozione di questi automatismi, sostiene l’FMI, porterebbe notevoli vantaggi, soprattutto in un contesto caratterizzato da una politica monetaria a corto di munizioni (essendo i tassi schiacciati nella zona dello zero) e da alto debito pubblico.
Automaticità in questo caso è sinonimo di velocità. L’attivazione degli stimoli fiscali non subirebbe ritardi “politici” ed andrebbe ad intervenire all’insorgere della crisi economica. La certezza, poi, di poter contare su questa tipologia di strumenti preserva la fiducia di imprese e consumatori e limita le ricadute sulla domanda e sull’offerta. Un impatto meno devastante della crisi significa anche ridurre la quantità di risorse pubbliche da utilizzare per affrontarla, con importanti e positive conseguenze sulla sostenibilità del debito nel lungo periodo.
Lo studio ci dice che, in presenza di una politica monetaria con pochi spazi di manovra, la probabilità di recessione ad un anno, conseguente ad una rapida caduta della domanda, è attorno al 16%. Predisponendo un sistema di stimoli fiscali automatici tale probabilità scivola al 12%; più o meno la stessa probabilità di recessione ad un anno che si avrebbe se la politica monetaria potesse sfoderare tutto il suo repertorio di interventi.
In giorni nei quali si parla di recovery fund e di trilioni di euro, non sarebbe una cattiva idea accantonare una parte di queste risorse per attivare un pacchetto di stimoli automatici, su base europea, in grado di intervenire prontamente – e senza discussioni – all’insorgere di una nuova crisi non finanziaria.
Foto di nickgesell