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Supply chain più resilienti? Per alcuni settori è complicato

Settori che negli anni hanno visto aumentare l’utilizzo di supply chain complesse dovrebbero sopportare costi enormi per poterle rendere più resilienti.

Smontare l’attuale catena di approvvigionamento, riportare le produzioni di componenti e semilavorati nei paesi occidentali, tagliare il cordone che ci tiene legati ai paesi asiatici. Di frasi simili se ne sentono dire ogni giorno, ma la realtà è che fare tutte queste cose è terribilmente complesso.

In una recente ricerca di ING, Raoul Leering ed i suoi colleghi hanno provato a valutare la fattibilità di supply chain più resilienti per alcune industrie, quelle per le quali l’utilizzo di catene di approvvigionamento complesse ha continuato a crescere anche dopo la crisi finanziaria del 2008. Il risultato è che per settori come l’automotive, il tecnologico ed il tessile, tagliare i ponti con gli attuali fornitori o aggiungere fornitori “di riserva” è semplicemente impossibile.

Il settore automobilistico, dicono da ING, presenta reti di fornitori per la maggior parte in prossimità della regione di vendita dei veicoli prodotti, ciò non è bastato ad evitare la chiusura delle fabbriche già in febbraio, quando il covid-19 era ancora un’epidemia in terra cinese. Il problema principale per questo settore industriale è il numero elevato di componenti necessari per la realizzazione di una vettura. Immaginare di creare una rete di fornitura di backup, significherebbe moltiplicare i costi in maniera esponenziale e non sostenibile. Unica possibilità, avverte Leering, è una transizione rapida ai veicoli elettrici, caratterizzati da un numero minore di componenti necessarie alla loro costruzione.

Altro settore che ha nell’Asia il suo epicentro è quello tecnologico. Qui il problema maggiore di una deglobalizzazione o di una “diversificazione” dei fornitori è dato dalla grandissima specializzazione raggiunta dai singoli paesi. Ad esempio la Corea del Sud per quel che riguarda la produzione degli schermi LCD. Questi fornitori sono difficilmente sostituibili con altri in tempi brevi e senza aggravi di costi. In questo complesso equilibrio, anche solo l’inceppamento del 10% della catena di forniture, osservano da ING, è sufficiente a bloccare linee di produzione.

Infine il settore tessile, che ha trovato nei paesi asiatici – a basso costo del lavoro – l’ambiente ideale per le sue produzioni labour-intensive. Non potendo, per la stagionalità della produzione, ricorrere alle scorte, l’industria tessile, per aumentare la resilienza agli shock di input, dovrebbe diversificare i fornitori. Ma da anni, ricorda ancora ING, i produttori stanno cercando di rendere più stretti i rapporti con i propri fornitori asiatici, per aumentare la trasparenza dei processi produttivi e migliorare le condizioni di lavoro.

Foto di Bilderandi

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