Risulta sempre più evidente l’effetto amplificatore del covid-19 su problematiche preesistenti. Disuguaglianze di genere, intergenerazionali e povertà rischiano di accelerare nei prossimi anni.
Mai come ora è necessario che i governi non perdano di vista il lungo periodo. Impegnate, come lo sono state in questi mesi, a congelare l’economia per preservarla dalla stop forzato a cui la pandemia l’ha costretta, la politica fiscale e monetaria hanno di fronte una sfida ben più complicata. Gestire l’effetto amplificatore che il covid-19 sta avendo sulle disuguaglianze e sulla povertà.
Non è un argomento nuovo, abbiamo già avuto modo di parlarne, oggi ci ritorniamo per raccontare di due nuovi studi, uno del Fondo Monetario Internazionale e l’altro del Think Tank Brookings, che ne analizzano ulteriori aspetti.
Mariya Brussevich, Era Dabla-Norris e Salma Khalid, in una non così comune (purtroppo) ricerca a sole firme femminili, hanno provato a valutare l’impatto della pandemia sull’occupazione, cercando di capire l’efficacia del telelavoro e quali siano le categorie di lavoratori più a rischio.
Il primo dato dello studio ci dice che in 35 economie, tra avanzate ed emergenti, in media il 15% della forza lavoro è a rischio disoccupazione per l’impossibilità di svolgere la propria attività da remoto. Una cifra che raggiunge circa i 100 milioni di lavoratori, in larga parte cittadini di paesi a basso PIL/pro-capite. Così se lavorare da casa è relativamente facile in Norvegia e a Singapore, diventa molto più complicato in paesi come Perù, Turchia, Cile e Messico; e questo perchè, negli ultimi paesi citati, vi è maggior presenza di mansioni non eseguibili da remoto o, semplicemente, per il fatto che una larga fetta di popolazione non dispone di un pc nella propria abitazione.
Brussevich e le sue colleghe elencano le categorie di lavoratori più colpite, ed in questo elenco ci sono le donne, i giovani, le persone con basso livello di istruzione ed i lavoratori part-time. Le ricercatrici sottolineano in particolare come l’effetto amplificatore della pandemia rischi di far ingigantire disuguaglianze molto pericolose, come quella intergenerazionale e quella di genere.
Lo studio di Brookings volge lo sguardo verso l’Africa, per analizzare come l’effetto amplificatore del covid-19 rischi di mescolarsi alle preesistenti difficoltà del continente. Il risultato, affermano Addisu Lashitew e David Kanos è l’aumento dell’insicurezza sia sul fronte del reddito, sia per quel che riguarda l’approvvigionamento di cibo.
I ricercatori ci ricordano come il 23% del PIL africano sia generato dal settore agricolo e che per ben il 60% della popolazione la percezione di un reddito e lo sfamarsi dipende dal lavoro dalla terra. La pandemia, con le restrizioni alla mobilità delle merci, sta mettendo a dura prova il sistema economico dell’Africa. Emblematica, spiegano Lashitew e Kanos, la situazione della Nigeria. Nel paese, il più popoloso del continente e tra le economie emergenti, il 70% della popolazione – urbana e rurale – ha subito una riduzione di reddito, più accentuata nelle zone rurali. Una percentuale superiore al 70%, invece, sta avendo serie difficoltà nell’assicurarsi il cibo. In questo caso il problema è più accentuato nelle aree urbane. La sintesi di questi dati è una parola: povertà.
E non servono molti commenti per capire quali effetti di lungo periodo potrebbero scatenarsi da una risalità della povertà.
Foto di Charles Nambasi