Nella definizione del valore di un bene o di un servizio non conta l’utilità complessiva ma quella che deriva dall’aggiunta dell’ultima unità, la meno desiderata. E’ il concetto di utilità marginale, uno dei pilastri della teoria economica.
Cosa determina il prezzo pagato per un determinato bene o servizio? Lo studio dell’economia ha impiegato secoli per trovare una risposta esaustiva a questa domanda. Già nell’antica Grecia Aristotele si chiedeva cosa determinasse il fatto che alcuni beni, ritenuti di grande utilità, avessero un prezzo modesto, mentre beni molto meno utili fossero pagati a caro prezzo.
Molti secoli più tardi Adam Smith cercava di capire il perchè della differenza tra valore d’uso e valore di scambio di un bene. Un bene indispensabile come l’acqua, osservava Smith, costa pochissimo o è addirittura gratuito mentre un oggetto di nessuna utilità come un diamante costa una fortuna.
Un altro piccolo passo verso la comprensione del dilemma lo fece David Ricardo, l’economista scozzese sostenne che il prezzo di un bene era collegato alla sua utilità. Il valore dipendeva dalla quantità di lavoro necessario per ottenere quel determinato bene e dalla sua scarsità.
Passarono ancora molti anni prima che, nel 1871, gli studi di William Jevons, Karl Menger e John Bates Clark descrivessero il ruolo chiave dell’utilità marginale.
Premesso che il valore di un bene o di un servizio è connesso alla soddisfazione che deriva all’individuo dal suo uso o dal suo possesso, tale valore non è determinato dalla quantità totale posseduta ma dall’ultima unità aggiunta, quella meno desiderata. Il concetto è di per sé piuttosto semplice. Se ci troviamo a nuotare solitari in un oceano di acqua dolce e su uno scoglio notiamo un bicchiere d’acqua, il valore di quel bicchiere d’acqua sarà praticamente nullo. Quell’unità di acqua non aggiunge soddisfazione al nostro consumo. Viceversa, se l’acqua nella quale ci stiamo sbracciando è salata, allora quel bicchiere di acqua dolce sullo scoglio diventa il bene più prezioso in assoluto ed il suo valore quasi inestimabile, tanto è desiderabile il suo consumo.
In altre parole si può dire che l’utilità di un bene è inversa alla sua disponibilità e sarà l’utilità dell’ultima unità di bene disponibile, quella meno desiderata, a definirne il valore. In un asse cartesiano, con la quantità sull’asse delle ascisse ed il prezzo su quello delle ordinate, la rappresentazione del meccanismo di utilità marginale formerà una curva della domanda decrescente.
Foto di Jonny Belvedere