La storia di Simon Kuznets non è tra quelle più note in economia, eppure il suo contributo fu di portata straordinaria, una rivoluzione sottovoce.
Oggi tutti noi siamo abituati a leggere e confrontare i dati relativi all’andamento del prodotto interno lordo di un paese, al reddito nazionale ed alle sue componenti. Da qui possiamo capire quanta parte del risparmio si trasforma in investimenti, l’importanza della spesa pubblica, se un’economia sta procedendo sopra o sotto il suo potenziale. Tutte informazioni che diamo per scontate ma che in realtà, fino agli inizi del 1900 non erano disponibili in maniera così organica. Basti solo pensare che negli Stati Uniti alla vigilia della Grande Depressione non erano disponibili dati utili per stabilire il livello o la distribuzione della disoccupazione.
La statistica, che oggi noi lodiamo per la capacità di mettere nero su bianco le relazioni e le tendenze dei fenomeni economici, era poco considerata ad inizio dello scorso secolo. Tutto si limitava alla compilazione di tabelle sui prezzi e sulla produzione agricola ed industriale.
Gli economisti disponevano di tante note sparse da cui però si faticava a tirar fuori un’armonia. Fu Simon Kuznets, con la sua contabilità sociale, a rivoluzionare per sempre il rapporto tra statistica e macroeconomia. Nato nel 1901 in una piccola cittadina dell’attuale Bielorussia e trasferitosi poi negli Stati Uniti, Kuznets riprese ed approfondì ricerche anteriori (Clark negli USA, King in Gran Bretagna) elaborando e valorizzando concetti come il prodotto nazionale lordo, il reddito nazionale e le sue componenti.
Le sue ricerche furono preziosissime alleate delle tesi keynesiane che – erano gli anni tra la Grande Depressione e la seconda Guerra Mondiale – stavano prendendo “possesso” della linea economica degli Stati Uniti. Proprio grazie alle sue statistiche divenne evidente la relazione tra il reddito nazionale ed il valore della produzione totale di beni e servizi (pubblici e privati). Le tabelle mostravano, senza possibilità di smentita, che non tutti i risparmi si trasformavano in investimenti. Da quelle formule risultava evidente che un aumento della spesa pubblica aveva la capacità di bilanciare un calo negli investimenti privati e sostenere i consumi. Come chiosa Galbraith nel suo “Storia dell’economia” : “Un conto era resistere alle teorie di Keynes, un altro e molto più difficile era resistere alle statistiche di Kuznets“
Il pensiero keynesiano, di cui lo stesso Kuznets fu convinto sostenitore, con la sua forza dirompente ed i successi che derivavano dalla sua applicazione, oscurò la portata rivoluzionaria della contabilità sociale. Ma fu grazie alle tabelle di Simon Kuznets che si potè per la prima volta stabilire se un’economia – nello specifico quella americana – stesse “viaggiando” sul suo potenziale o potesse produrre di più, dati i fattori produttivi a sua disposizione. Da questi spunti prese vita il Victory Program dell’allievo Robert Nathan. Un piano di produzione bellica dettagliatissimo, un controllo preciso sulla disponibilità e sull’utilizzo delle risorse nei difficili tempi di guerra. Un’arma che fu condivisa con la Gran Bretagna e di cui fu del tutto priva la Germania nazista.
Successivi studi, che gli valsero il premio Nobel per l’economia del 1971, portarono Kuznets ad elaborare la sua teoria sulla relazione tra la distribuzione del reddito e la crescita economica. La famosa U rovesciata nota come curva di Kuznets . Una teoria che da molti è stata vista come troppo ottimistica, anche se fu lo stesso Kuznets ad ammettere che la politica economica non doveva fermarsi all’equazione crescita uguale benessere sociale, anticipando uno dei dibattiti che ancora oggi divide gli economisti.
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