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Climate change nell’era post covid-19. La ricetta dell’FMI

Nel capitolo 3 dell’ultimo World Economic Outlook*, rilasciato pochi giorni fa, il Fondo Monetario Internazionale prova a mettere assieme due grandi sfide per l’economia mondiale nei prossimi anni: climate change e ripresa post covid-19.

L’edizione autunnale del World Economic Outlook (WEO) dell’FMI, com’era prevedibile dedicata in gran parte alle conseguenze economiche della pandemia di covid-19 sull’economia mondiale, prova a rimettere al centro del dibattito anche la sfida del climate change. E lo fa con una proposta ambiziosa: raggiungere l’obiettivo di zero emissioni entro il 2050.

La scelta di accostare la pandemia al climate change assume due importanti significati. Da un lato il Fondo Monetario sembra voler ricordare che il problema del cambiamento climatico rimane sullo sfondo e rappresenta la principale sfida per l’economia mondiale nei prossimi decenni. Dall’altro lato l’FMI suggerisce che le tematiche ambientali possono diventare carburante per la ripresa post pandemia, con la possibilità di sfruttare l’enorme mole di misure monetarie e fiscali espansive messe in atto in questi mesi per investimenti green.

Per mettere assieme le due cose occorre superare un concetto piuttosto diffuso fra gli economisti, e cioè che esista un trade-off tra lotta al cambiamento climatico e crescita economica. In altre parole che la lotta al climate change abbia effetti negativi sulla crescita economica dei paesi che la attuano.

L’FMI prova a superare l’ostacolo. Le politiche economiche possono agire sul cambiamento climatico attraverso due canali: modificando la ripartizione tra l’utilizzo di energia fossile e rinnovabile; incidendo sull’utilizzo totale di energia. Trovando un fine tuning tra i due canali è possibile aumentare l’utilizzo dell’energia rinnovabile senza ridurre, o riducendo solo marginalmente, i consumi.

L’esempio è abbastanza chiaro: una tassazione sull’energia fossile (la carbon tax) spinge verso l’utilizzo di energia rinnovabile. Una politica di incentivi verso chi utilizza energia rinnovabile e di investimenti pubblici green compensa l’aumentato costo dell’energia e riduce – o annulla – gli effetti sul consumo.

Su questo meccanismo si basa il modello proposto dal Fondo Monetario per raggiungere l’ambizioso obiettivo di zero emissioni entro il 2050. Il primo step si propone di orientare i primi anni post pandemia alla massiccia creazione di infrastrutture green (energia, trasporto pubblico), incentivando contemporaneamente i privati al miglioramento energetico dei loro asset (svecchiamento parco auto, efficientamento energetico edifici). Secondo lo scenario base pubblicato sul WEO, in 15 anni una strategia di questo tipo potrebbe portare ad un surplus medio di crescita annua pari allo 0.7% di PIL, con importanti ricadute anche sul fronte dell’occupazione (12 milioni di posti di lavoro in più nel mondo, stima l’FMI). Nella seconda fase del modello, a ripresa agganciata, i governi potrebbero procedere all’applicazione di una carbon tax, precedentemente annunciata e programmata, in grado di ridurre progressivamente il ricorso all’energia fossile.

Il modello non dimentica la presenza dei costi di transizione. Pur avendo un impatto che il fondo stima, nel periodo 2037-2050, attorno allo 0.7% annuo di PIL, si tratta di uno sforzo ampiamente sostenibile. In primis perchè la crescita stimata di PIL da oggi al 2050 è nell’ordine del 120%. Poi, non si deve dimenticare la riduzione progressiva dei costi indiretti dovuti ai cambiamenti climatici. A esempio i benefici sulla salute che una riduzione dell’inquinamento atmosferico porterà con sé, con conseguente riduzione dei costi per il sistema sanitario. O l’indubbia spinta alla ricerca che gli investimenti pubblici possono stimolare.

Un progetto ambizioso e soprattutto globale. Non può essere altrimenti. Ricorda l’FMI come i costi di una transizione energetica non siano omogenei nel mondo. Paesi low income dovranno essere sostenuti in questo percorso, anche attraverso un sistema di ridistribuzione degli introiti derivanti dall’applicazione della carbon tax che vada a sostenere i costi energetici delle famiglie.

Una strada economicamente percorribile c’è, resta l’incognita della volontà politica ad affrontare questo percorso. Il punto cruciale rimane questo.

* World Economic Outlook, “Mitigating Climate Change – Growth and Distribution-Friendly Strategies,” di Philip Barrett, Christian Bogmans, Benjamin Carton, Oya Celasun, Johannes Eugster, Florence Jaumotte, Adil Mohommad, Evgenia Pugacheva, Marina M. Tavares e Simon Voigts.

Foto di PIRO4D

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