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2020 e cambiamento climatico: pochi i progressi compiuti dai governi mondiali

Per colpa della pandemia o per esplicita volontà politica. Indipendentemente dalla causa resta un fatto: a fine 2020 sono pochi i progressi compiuti dai governi mondiali sul fronte del cambiamento climatico.

Il 2020 non sarà ricordato solo per l’accendersi della pandemia di covid-19. Gli ultimi studi pubblicati dal Copernicus Climate Chance Service ci dicono che l’anno appena trascorso si appresta ad eguagliare il 2016 come anno più caldo di sempre, con il riscaldamento globale che si avvicina sempre più minacciosamente a quella soglia di non ritorno fissata dalla conferenza di Parigi. Munich RE (fonte Bloomberg.com) traduce in numeri, in impatto su persone ed economia, questi ulteriori 12 mesi di eventi atmosferici estremi: 8200 morti e oltre 20 miliardi di dollari di perdite di beni assicurati.

Nel corso del 2020 le emissioni di anidride carbonica si sono ridotte, conseguenza dei lockdown, di una percentuale che alcuni studi fissano al 7/8%, ma la dimensione del cambiamento climatico e la sua velocità crescente non sembrano averne risentito. E’ quindi sempre più urgente porre in atto politiche in grado di cambiare, nella maniera più drastica possibile, le cose.

Stando al Climate Target Update Tracker (CAT) nell’anno appena concluso i progressi compiuti dai governi mondiali sul fronte del cambiamento climatico sono stati pochi. A metà dicembre scorso, ben 130 paesi non avevano fatto pervenire alle Nazioni Unite alcun aggiornamento dei loro piani di lotta al climate change (i cosiddetti nationally determined contributions, NDC).

Solo 34 paesi hanno consegnato nuovi NDC e di questi, dalle analisi condotte sino ad ora dal CAT, solo 4 presentano effettivi miglioramenti, con target più stringenti rispetto a quelli proposti in precedenza. C’è tanta Europa, l’Unione a 27 con Norvegia e Regno Unito, ed il Chile. Poi, salvo intenti propositivi esposti da Cina, Argentina, Kenia e Ucraina, il resto è una desolante calma piatta. Desolazione che si fa ancora più acuta constatando che tra i paesi che non hanno presentato nuovi NDC ci sono alcuni tra i maggiori produttori di emissioni: gli USA e l’Australia.

Foto di Gerd Altmann

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