La transizione energetica passa anche attraverso gli investimenti esteri. Uno studio del Brooking Institute ci ricorda il ruolo centrale della Cina e quello – auspicabile – degli USA.
La sfida al cambiamento climatico ha nella riduzione delle emissioni dannose per l’atmosfera uno dei suoi più grandi obiettivi. E la transizione da energia fossile a rinnovabile è l’arma fondamentale per raggiungere lo scopo. Una sfida, quella della transizione energetica, che si gioca su campi differenti, da quello industriale a quello finanziario, dallo scenario nazionale a quello internazionale.
Il generoso impegno europeo sull’European Green Deal, un piano che ambisce a far diventare l’Unione la prima economia ad impatto climatico zero entro il 2050, rischia di essere vano se non ci saranno altrettanto generosi sforzi sul piano internazionale. Come ci ricorda il think tank Bruegel, l’EU produce solo il 10% del totale delle emissioni di anidride carbonica, una piccolissima parte.
Usando una citazione piuttosto abusata negli ultimi tempi, possiamo dire che sul fronte del cambiamento climatico “nessuno si salva da solo”, ed il piano internazionale è lo scenario più consono per affrontare la sfida.
Proprio sul piano internazionale si gioca una partita decisiva. Il tema è quello degli investimenti esteri e vede come protagonista principale la Cina. A scriverne, recentemente, sono stati Chuyu Liu e Johannes Urpelainen in un intervento pubblicato nel blog dell’istituto americano Brookings.
Se da un lato la Cina ha conquistato posizioni dominanti nella produzione di energia rinnovabile (solare, idroelettrica, eolica), dall’altro lato risulta essere la principale finanziatrice di progetti esteri per la realizzazione di impianti energetici basati su energia fossile. Dal 2007 al 2016, ricordano Liu e Urpelainen, Chinese Development Bank (CDB) e Chinese Export-Import Bank (EXIM) – le due banche d’investimento cinesi – hanno finanziato qualcosa come 196 miliardi di dollari di progetti esteri nel settore energia, più di tutte le banche d’investimento occidentali messe assieme.
Un fenomeno che nasce sostanzialmente dalla convenienza. Convenienza dei prestiti concessi e convenienza nella realizzazione di impianti ad energia fossile. Un mix che spinge le economie emergenti a ricorrere in maniera massiccia ai finanziamenti cinesi – ripagati dai flussi di export – per saziare il proprio bisogno crescente di energia. Due dati citati dagli autori dello studio sono emblematici: tra il 2000 ed il 2018 il 75% dei finanziamenti al settore energetico erogati da CDB ed EXIM era destinato all’energia fossile, solo il 2.6% a quella rinnovabile; il 3,5% delle emissioni globali di anidride carbonica annua è imputabile a impianti ad energia fossile finanziati da prestiti cinesi.
Il punto è particolarmente importante perchè proprio sulla riconversione delle economie emergenti ci si gioca molte delle possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati della conferenza di Parigi. Gli investimenti esteri sono la chiave.
Le cose stanno lentamente cambiando, la Cina ha pochi mesi fa annunciato un forte impegno sul fronte della transizione energetica del paese, occorre però un’accelerazione anche sulla “qualità” degli investimenti esteri. In questo, sostengono Liu e Urpelainen, è fondamentale il ruolo degli USA.
Una competizione virtuosa tra i due paesi, con gli USA a proporre investimenti più convenienti e a basso impatto ambientale per le economie emergenti, potrebbe accelerare la “coversione” dei flussi di investimenti esteri cinesi. La U.S. International Development Finance Corporation (DFC) potrebbe già da subito rendere disponibili 60 miliardi di dollari di prestiti per tale operazione. Oltre a “costringere” la Cina ad adottare una linea simile, emergerebbero anche benefici per i paesi destinatari degli investimenti. Competizione sui prezzi e apprendimento delle tecnologie (il learning by doing) si tradurrebbero nel tempo in una riduzione del costo dell’energia rinnovabile, il grande ostacolo che le economie emergenti si trovano attualmente ad affrontare sul cammino della transizione energetica.
Foto di S. Hermann & F. Richter