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Il duello sui tassi tra banche centrali e mercati

Negli ultimi tempi si ha l’impressione di assistere ad una sorta di duello tra le banche centrali da un lato ed mercati finanziari dall’altro. Un duello combattuto a suon di rendimenti sul mercato obbligazionario e di dichiarazioni rassicuranti da parte delle autorità monetarie.

Venerdì la governatrice della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde, ha dichiarato che i tempi per iniziare a programmare un rientro dal piano di sostegno all’economia PEPP non sono ancora maturi. Anzi, Lagarde ha aggiunto che è intenzione della BCE continuare con gli strumenti ad oggi attivati fino alla metà del 2022. Affermazioni che hanno sopreso gli analisti, molti dei quali scommettevano in una qualche forma di annuncio di “tapering”, forse già a partire dall’estate di quest’anno.

Cambiamo scena. Nell’ultima asta di titoli di stato tedeschi a 10 anni si è registrato uno dei volumi di domanda tra i più bassi da un anno a questa parte. I rendimenti del Bund con questa scadenza sono passati da oltre il -0.6% di inizio inverno 2020, al massimo da oltre un anno a questa parte: 0.07% (per poi ridiscendere oltre lo 0.1%). Secondo Goldman Sachs il rendimento del Bund decennale potrebbe raggiungere quota zero già entro il terzo trimestre di quest’anno. Altri analisti, più prudentemente, collocano questo traguarda un po’ più in là, verso metà inoltrata del 2022.

Altro indizio dal mercato dei Corporate Bond. Secondo i calcoli di Bloomberg ben l’80% delle emissioni 2020 sono finite con il prezzo sotto 100, un mese fa la percentuale ballava attorno al 50%. Guardando alle obbligazioni High Yield gli analisti fanno notare l’accumulo di posizioni short, arrivate in breve tempo ai massimi dal 2008.

Lo “scontro” è servito. Da un lato la banca centrale europe – come del resto la FED al di là dell’oceano – predica calma e rimanda qualsiasi decisione sui tassi. Dall’altro lato i mercati sembrano voler anticipare i tempi, considerando le presa di posizione da parte delle istituzioni monetarie tutto sommato sbagliata, ed ipotizzando un dietro front precipitoso.

Questo duello a bassa intensità tra banche centrali e mercati è ancora più evidente negli USA, dove la dinamica inflazionistica è più frizzante. Bill Dudley, ex governatore della Fed di New York, ha recentemente ipotizzato che per fermare l’ondata rialzista dei prezzi la FED dovrà alzare i tassi almeno almeno al 3% ed in tempi piuttosto stretti, con i rendimenti dei Treasury a 10 anni che Dudley vede agilmente balzare sopra il 4%.

Chi avrà ragione? I mercati che anticipano le mosse delle banche centrali alzando i rendimenti del mercato obbligazionario, o le banche centrali che considerano le pressioni sui prezzi transitorie e gestibili mantenendo una politica, tutto sommato, invariata ancora per molti mesi? E quanto potranno resistere le banche centrali alle pressioni che i tassi di inflazione in salita scateneranno? Il governatore della Buba, vecchia conoscenza di Mario Draghi, ha recentemente ricordato che, di fronte ad una impennata dell’inflazione, sarà difficile frenare l’agitazione tedesca. La citazione di Mario Draghi non è casuale, perchè dalla capacità di resistenza della BCE – e dunque dalla durata del suo scudo monetario – dipende molto del futuro del nostro paese.

Foto di talha khalil

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