Come la crisi energetica, la fragilità della supply chain e le difficoltà del mercato del lavoro – tre autentiche streghe – rischiano di trasformare le festività di Natale in un incubo per imprese e consumatori.
“La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l’astrologia un po’ più rispettabile“. Partiamo da questa celeberrima osservazione di John Kenneth Galbraith per mettere le mani avanti. Si, perchè quanto stiamo per scrivere guardando ai dati che abbiamo ora sottomano potrebbe rivelarsi solo una preoccupazione da inizio autunno, quando le prime foglie che ingiallite si spiaccicano a terra, tendono ad instillare nella mente un po’ di malinconia e di pessimismo. Ma tant’è, le tre streghe di Natale è un’ipotesi che va affrontata.
Di cosa stiamo parlando? Le tre streghe di cui sopra altro non sono che i tre grandi problemi che al momento stanno scuotendo le fondamenta della ripresa economica mondiale (quasi) post pandemia. La prima strega ha un nome inglese, supply chain disruption. Di lei sappiamo quasi tutto. Materie prime e componenti arrivano in tempi lunghi ed in quantità insufficienti per coprire la forte domanda. Le imprese sono costrette a cancellare ordini ed a ridurre la produzione di beni finali. Ne fa le spese anche la logistica. Container stipati sui moli in attesa di un cargo che li trasporti, e navi cargo ormeggiate a largo dei porti in attesa di scaricare. L’ultimo dato sulla prima strega arriva dal LMI Logistics Managers Index. Il sondaggio di settembre nel settore della logistica USA non disegna un quadro molto ottimistico. Aumentano i costi e la gestione dei magazzini si sta complicando. La capacità di programmare le spedizioni (global schedule reliability) è scesa al minimo storico del 36.3%, l’anno scorso a settembre era del 66%. Per evitare che supply chain disruption faccia troppi danni molte aziende hanno riempito all’inverosimile i magazzini già a settembre, facendo scorta in vista del non si sa mai. L’ISM di settembre ci dice che il 29.7% degli intervistati – massimo dal 2010 – ha aumentato le scorte di magazzino nel mese di settembre.
La seconda strega è apparsa sulla scena nelle ultime settimane: la crisi energetica. L’economia mondiale in ripresa, affamata di energia, si trova di fronte ad una scarsità di risorse disponibili. Il gas naturale arriva dalla Russia all’Europa con il contagocce, la Cina ha razionato l’utilizzo dell’energia elettrica e sta tentando di rastrellare gas naturale liquefatto (GNL) – ambito anche dall’Europa – ad ogni costo. I paesi virtuosi dell’eolico si trovano di fronte ad un’inaspettata stagione di “bonaccia”, e le sempre più prolungate e severe siccità mettono in crisi l’idroelettrico. Alla disperata ricerca di energia, le imprese sembrano pronte a pagare (caro) i permessi di emissioni di CO2 e ricorrere a carbone e petrolio, con i prezzi dei due fossili per eccellenza che salgono ed i produttori dell’oro nero che tentennano sull’aumento della produzione.
La terza strega si muove sottotraccia da diversi mesi: si fa chiamare jobs mistmatch ed altro non è se non la difficoltà che le imprese stanno sperimentando nell’assunzione di lavoratori. Il fenomeno è particolarmente forte negli USA dove, nonostante le offerte di lavoro siano oramai il doppio dei disoccupati, concludere un contratto di lavoro è molto arduo. Un problema. Specie se le imprese hanno bisogno di più occupati per reggere l’urto della domanda e se le grandi catene commerciali dispongono di un enorme quantità di cappelli di Babbo Natale da assegnare per le festività invernali.
Eccoci al nocciolo. Le tre streghe scorazzano liberamente su è giù per il globo, ed una loro eventuale reunion sotto l’albero di Natale potrebbe rappresentare un bel problema per imprese e consumatori. Prezzi che lievitano, magazzini presi d’assalto per il rischio di rimanere a mani vuote (un po’ in stile Arnold Schwarzenegger in Una promessa è una promessa – si fa per scherzare), attività produttive costrette a fermarsi per garantire il riscaldamento domestico.
Uno scenario decisamente cupo, una sorta di cigno nero (eh si, perchè i mercati finanziari non la prenderebbero benissimo). Per ora solo una brutta ipotesi, ma dopo la pandemia occorre prendere in considerazione un po’ tutto.
Foto di Jo Stolp