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Donne ed economia. Altri numeri di un rapporto contrastato

Un recente studio pubblicato dal CEPR conferma il rapporto contrastato tra donne ed economia. I numeri dicono che sono ancora in netta minoranza nei corsi universitari e che la loro sensibilità microeconomica sarebbe di grosso aiuto in questi tempi di trasformazione.

In questi giorni si è parlato molto della possibilità che la sedia più scomoda del board della Federal Reserve potesse essere occupata, nei prossimi quattro anni, da Lael Brainard. Molti hanno sottolineato l’orientamento più “internazionale” della Brainard oltre che maggiormente “dovish” rispetto a Powell. (Alla fine il presidente Biden ha deciso per un ticket, con Powell confermato e Brainard vice. ndr).

Negli ultimi anni, faticosamente, alcune donne sono riuscite ad arrivare in posizioni di vertice nel mondo economico e finanziario, ma in profondità rimane un rapporto contrastato tra donne ed economia. Una dinamica che è al centro della recente ricerca pubblicata dal CEPR e condotta da Rigissa Megalokonomou, Marian Vidal-Fernandez e Duygu Yengi.

Lo studio, dal titolo Why having more women/diverse economists benefits us all, ci ricorda alcune statistiche che vale la pena riprendere: In Europa, nel periodo 2013-2018, le studentesse nei corsi di laurea di economia erano solo il 38% del totale. Negli USA la percentuale di donne in ruoli accademici è rimasta sostanzialmente stabile tra il 30% ed il 35% dal 1998 al 2017. Sempre negli USA la probabilità per una donna di diventare professore associato in materie economiche è del 15% inferiore rispetto ai colleghi maschi. In Europa, infine, le donne che riescono ad arrivare alla cattedra sono il 22% del totale.

Si tratta di numeri molto significativi e che vanno ben oltre il superficiale discorso della parità numerica. Ogni volta che ci si priva della presenza di una donna in un determinato ambito lavorativo o istituzionale, si perde l’opportunità di aggiungere un punto di vista differente. Cosa che in un mondo basato sul consenso può sembrare un fastidioso ostacolo, ma che rimane a tutti gli effetti una delle principali leve del progresso.

Le tre autrici ci ricordano come le studentesse di economia abbiano una spiccata propensione per argomenti legati alla microeconomia, mentre i colleghi maschi sembrano cavarsela meglio su tematiche macroeconomiche. Non è un dettaglio di poco conto, perchè la microeconomia, analizzando le scelte degli operatori economici, è, se vogliamo, quella parte della scienza economica che più ha a che fare con la vita di tutti i giorni: il mercato del lavoro, la sanità, l’educazione.

Megalokonomou e le sue colleghe citano un recente (2018) sondaggio tra gli economisti USA. I risultati mostrano una maggior sensibilità da parte delle economiste su temi come l’equa distribuzione del reddito e la sostenibilità ambientale della crescita economica.

Foto da Federalreserve (Flickr)

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