Il comportamento dei consumatori di fronte all’ondata di inflazione è al centro delle preoccupazioni delle banche centrali, costrette a correggere il tiro sulla mancata transitorierà dell’aumento dei prezzi.
A margine della presentazione dell’ultimo World Outlook, la capo economista dell’OCSE, Laurence Boone, ha dichiarato che una delle principali preoccupazioni per i prossimi mesi è che consumatori ed imprese si convincano che gli alti livelli di inflazione di questo periodo sono destinati a rimanere tali per lungo tempo. Si tratta di un cambio di aspettative che può avere due serie conseguenze. La prima è che le attese di maggior inflazione contribuiscano a loro volta a far salire prezzi e salari. La seconda è che l’autorevolezza delle banche centrali, da mesi impegnate a rassicurare sulla temporaneità del rialzo, ne esca decisamente ammaccata.
Non è un caso che il riconfermato governatore della FED, J Powell, nella sua audizione al Congresso di settimana scorsa, abbia testualmente dichiarato che è il momento di non utilizzare più il termine “transitoria” per descrivere l’attuale fase dell’inflazione, e che è necessario spiegare meglio quale sia la linea di pensiero della banca centrale. Anche dalle parti di Francoforte, seppur in maniera molto più sfumata, si inizia a parlare di inflazione che andrà a scendere nel corso del 2022, descrivendo un movimento molto più lento di quello precedentemente ipotizzato, e rinfocolando l’ipotesi che un primo rialzo dei tassi da parte della BCE possa esserci già entro il prossimo anno.
In questa crescente incertezza sull’andamento dei prezzi i consumatori sembrano iniziare a prendere posizione. Gli indizi arrivano dai sondaggi sul loro livello di fiducia nell’economia, ma anche da qualche report aziendale. E’ il caso, ad esempio, di Apple. Secondo quanto riportato dall’agenzia Bloomberg, la società di Cupertino avrebbe avvertito i fornitori che la domanda del nuovo Iphone 13 si sta indebolendo. Una minor voglia di nuova tecnologia che potrebbe dipendere da un senso di sazietà dopo mesi di spasmodica voglia di consumo, oppure dalla più razionale decisione di attendere l’evoluzione della situazione, tra prezzi alti e varianti (covid) nuove.
Nell’ultimo report dell’università del Michigan sulla fiducia dei consumatori americani emerge chiara una tendenza alla prudenza. Le prospettive delle famiglie sull’andamento delle proprie finanze, spiega il sondaggio, non sono mai state così basse da almeno un decennio. E la motivazione sta sempre lì: prezzi che salgono e varianti che rimangono come spade di Damocle sulla testa dei consumatori.
Gli analisti cominciano a fare due conti. Paul Donovan, di UBS, ha scritto ai propri clienti che si cominicia a vedere un indebolimento della super-domanda responsabile dell’intasamento della supply chain in questi mesi. E questa potrebbe essere anche una buona notizia, perchè potrebbe alleggerire il lavoro di “rieducazione” dei prezzi che le banche centrali si apprestano a mettere in pratica. Il tutto, come sempre di questi tempi, è accompagnato da molte variabili: l’intensità della frenata della domanda (ed i consumi natalizi qualcosa ce la diranno) e l’andamento della pandemia, tanto per citare le due più grosse.
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