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Pensionati e consumi, nuovi spunti per la previdenza del futuro

La pianificazione previdenziale si basa molto spesso sul principio che il livello dei consumi, quando si è pensionati, rimanga più o meno costante nel tempo. Uno studio statunitense ci dice che non è così.

Quando si affronta il tema della pianificazione previdenziale, uno dei punti di partenza è il confronto tra ultimo stipendio percepito e valore dell’assegno pensionistico. Questo confronto consente di evidenziare il cosiddetto tasso di sostituzione, vale a dire quanta parte del reddito che fu da lavoro verrà coperto dalla pensione. La motivazione alla base di questo calcolo è l’ipotesi che le preferenze di consumo di un soggetto rimangano pressochè costanti nel tempo, anche dopo il pensionamento. La teoria ci suggerisce che un adeguamento del livello dei consumi è possibile nelle prime fasi del pensionamento, quando vengono meno alcune voci di spesa, ad esempio quella relativa agli spostamenti casa-lavoro, e se ne aggiungono delle altre. Ma questi nuovi livelli di consumo si mantengono davvero poi costanti nel tempo?

A darci qualche informazione in più è uno studio recentemente condotto negli USA dal Center for Retirement Research del Boston College. Il titolo del lavoro di Anqi Chen e Alicia H. Munnell è in questo senso esplicito: Do Retirees Want to Consume More, Less, or the Same as They Age? (I pensionati voglio consumare di più, di meno o allo stesso modo invecchiando?)

Per capirci qualcosa le due ricercatrici hanno incrociato i dati raccolti da due importanti sondaggi: l’Health and Retirement Study’s (HRS) Consumption and Activities Mail Survey (CAMS) ed il Panel Study of Income Dynamics (PSID). Per avere un quadro ancora più chiaro il campione preso in esame è stato suddiviso per fasce di patrimonio e per stato di salute; questo per evidenziare eventuali “limitazioni” al consumo non determinate dalla propria propensione ma da uno stato di necessità.

I risultati sono diversi e tutti molto interessanti. Innanzitutto, a livello generale, Chen e Munnell hanno notato una tendenza alla diminuzione dei consumi nella popolazione in pensione. La dimensione di questa riduzione varia sensibilmente in presenza o meno di restrizioni ed in base alle aspettative di vita. Così per i pensionati con livelli di ricchezza elevata il livello dei consumi cala solo dello 0.3%, per quelli con livelli di ricchezza media dell’1.1% e per quelli con patrimoni esigui del 3.2%. In assenza di restrizioni di reddito, è l’aspettativa di vita a fare la differenza, più questa scende e più scende il livello dei consumi. Lo studio cita ad esempio le donne e le coppie sposate, che statisticamente sembrano avere aspettative di vita più lunghe e che, dai dati dei sondaggi analizzati, emergono per una minor riduzione dei consumi man mano che gli anni della pensione aumentano.

Ricchezza e salute giocano un ruolo fondamentale nella determinazione del livello dei consumi durante il periodo della pensione, un argomento che dovrebbe interessare, oltre a chi pianifica le previdenza integrativa, anche il legislatore nel tentativo di rendere più equo possibile il delicatissimo sistema previdenziale pubblico del futuro.

Foto di pavlofox

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