Complice una recente polemica, l’opinione pubblica ha iniziato a conoscere quella lista di attività economiche considerate sostenibili dalla Commissione Europea e che va sotto il nome di tassonomia. Ma si tratta di uno strumento di indirizzo politico o di una bussola per gli investitori?
Mentre i più si apprestavano a festeggiare l’inizio del 2022, nelle cancellerie dei paesi aderenti all’Unione Europea giungeva una bozza di documento destinata a scatenare non poche polemiche. La bozza in questione proponeva, e propone tutt’ora, una lista di attività economiche che potranno essere considerate investimenti sostenibili. La polemica, come era facilmente intuibile, è scattata immediatamente quando alle redazioni degli organi di stampa è giunta notizia che nella lista la Commissione aveva inserito anche alcune tipologie di progetti collegati al gas naturale e, soprattutto, all’energia nucleare.
Austria, Spagna e Germania hanno subito alzato le barricate e gli echi polemici, per la verità rapidamente svaniti, si sono sentiti anche alle nostre latitudini. Ma la polemica su singoli elementi presenti nella lista rischia semplicemente di far perdere di vista il vero nodo della questione: l’utilità o meno della tassonomia (così si chiama la lista di cui parliamo) elaborata dalla Commissione Europea.
Negli intenti della commissione, la tassonomia è uno strumento in grado di aumentare la trasparenza informativa nei confronti degli investitori e di disincentivare la pratica del greenwashing. In altre parole avere una lista delle attività il cui finanziamento rientra nel perimetro del sostenibile dal punto di vista ambientale, offre a chi deve investire la possibilità di prendere una decisione rapida sulla base di informazioni standardizzate.
Chiarezza, semplicità e standardizzazione sono, lo abbiamo ripetuto molte volte, caratteristiche desiderabili in fatto di criteri di sostenibilità richiesti alla finanza green, tuttavia l’approccio europeo presenta alcuni punti critici. Come ricordava recentemente l’Economist, la tassonomia ha tempi lunghi di applicazione, lascia scoperta una larga fetta di attività economiche e da più parti si sollevano dubbi sul fatto che un investitore possa essere portato ad impegnare i propri soldi affidandosi in maniera predominante all’inclusione di un progetto nella “lista bianca”.
Affidarsi alle definizioni potrebbe poi lasciare campo aperto al problema delle interpretazioni. Quanto specifica può essere la descrizione di un’attività economica in un documento ufficiale? Quante “vie di fuga” possono essere trovate tra le pieghe di una descrizione, per quanto pignola essa possa essere? La tassonomia può diventare un ottimo strumento di indirizzo politico ed industriale, ma sul fronte finanziario è molto meglio affinare un rating basato su elementi numerici solidi.
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