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Come misurare l’efficacia delle sanzioni economiche

Gary Clyde Hufbauer e Megan Hogan, del Peterson Institute of International Economics, suggeriscono un metodo per valutare l’efficacia delle sanzioni economiche alla Russia. Ed il risultato complessivo appare incerto.

La guerra tra Russia ed Ucraina sta mostrando al mondo – e ne avremmo fatto volentieri a meno – come i campi di battaglia nel 21° secolo siano decisamente aumentati rispetto ad altri conflitti del passato. L’occidente, termine riemerso in tutta la sua divisività dal buio della guerra fredda, ha risposto all’invasione russa dell’Ucraina sul campo economico, con una serie di sanzioni dalla portata mai così vasta dalla seconda guerra mondiale in poi. Ma quanto può essere efficace l’arma economica?

Se lo sono chiesti Gary Clyde Hufbauer e Megan Hogan, del Peterson Institute of International Economics, ed il loro contributo, che trovate qui, è un ottimo punto di partenza per capirci qualcosa. Innanzitutto bisogna intendersi su cosa ci si debba basare per definire l’efficacia delle sanzioni economiche alla Russia, e qui Hufbauer e Hogan suggeriscono di indagare le quattro fasi attraverso le quali si dovrebbe spiegare l’efficacia sanzionatoria, che sono poi le stesse alla base anche delle pene comminate dai tribunali: deterrenza, applicazione, punizione e riabilitazione.

In sintesi le sanzioni dovrebbero far desistere chi le subisce dal continuare nella sua condotta, essere attuate senza possibilità di scappatoie, punire in maniera significativa chi “sgarra” ed infine indurre il sanzionato ad intraprendere un percorso di riabilitazione. Applicate al caso specifico le sanzioni economiche avrebbero dovuto in una prima fase far desistere la Russia dall’attaccare l’Ucraina. Ora dovrebbero essere in grado di mettere con le spalle al muro Mosca, impossibilitandola ad eluderle in qualche modo. Dovrebbero recare un serio danno all’economia ed al sistema finanziario russo. E, in ultima istanza, dovrebbero suscitare un profondo cambiamento politico interno, tale da rendere il paese nuovamente accettato nel consesso internazionale.

Messa su questo piano la questione dell’efficacia delle sanzioni economiche alla Russia appare quantomai problematica. Ed è la stessa conclusione a cui arrivano Hufbauer e Hogan. La deterrenza non sta funzionando e forse darà qualche frutto verso altri paesi (ad esempio la Cina con le sue mire su Taiwan). L’applicazione delle sanzioni è sicuramente forte da parte del blocco occidentale, ma rimane un punto di domanda sul ruolo di Pechino, che le sanzioni non le ritiene opportune.

Sotto il punto di vista della punizione, i numeri ci dicono che gli effetti sull’economia e sulla finanza russa sono già evidenti, e lo saranno ancor di più nei prossimi mesi. Il PIIE ci ricorda che in passato raramento le sanzioni economiche hanno comportato danni superiori al 10% del PIL e quasi sempre si è arrivati ad un valore inferiore al 5%. Nel caso russo alcuni studi parlano di perdite nell’ordine del 15% del PIL. Solo l’aspetto inflattivo fa spavento: rublo giù di oltre il 70% rispetto al dollaro, inflazione prevista dalla banca centrale al 20%, tassi di interesse portati in emergenza al 20%. In definitiva l’aspetto punitivo sembra al momento l’unico davvero efficace.

Infine la riabilitazione. Da più parti si sostiene che il mondo dopo quanto sta accadendo in Ucraina non sarà più lo stesso, e sta emergendo l’idea di un mondo politicamente ed economicamente diviso in due grosse aree di influenza, una russo-cinese ed una statunitense, un quadro nel quale una riabilitazione sembra avere poca possibilità di riuscita. Secondo Hufbauer e Hogan, anche di fronte ad un accordo di pace, la normalizzazione dei rapporti tra Russia ed occidente non potrà essere completa fino a che al Cremlino ci sarà Putin. Su 100 episodi di sanzioni economiche comminate dalla comunità internazionale, in 30 si è giunti al cambio di regime. Non moltissimo, se si aggiunge – come ricorda il PIIE – che ciò è accaduto in stati piccoli e caotici. E la Russia non è certo assimilabile a questi.

Illustrazione di mediamodifier

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