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Inflazione USA: scenario differente da anni 70-80 ma intensità simile

Uno studio NBER mostra come, a parità di sistema di calcolo, l’inflazione USA di oggi non sia molto dissimile, in termini di intensità, da quella degli anni 70-80. Ma ci sono anche due grosse differenze: una positiva ed una negativa.

Nel mese di maggio l’inflazione USA è salita all’8.6%, un valore che non si vedeva nelle statistiche ufficiali dal 1981. Il richiamo a quaranta e passa anni fa è ricorrente tra i commentatori e di conseguenza è molto acceso il dibattito sulle similitudini e sulle differente fra l’ondata di inflazione del periodo 1978-1983 e quella di oggi.

Marijn A. Bolhuis, Judd N. L. Cramer e Lawrence H. Summers hanno affrontato l’argomento in un interessante paper pubblicato dal NBER e dal titolo “Comparing Past and Present Inflation” (NBER Working Paper No. w30116.), mostrando come non ci sia una grande differenza fra i due episodi di inflazione a livello di intensità, ma che la situazione delle aspettative di medio termine sorrida alla FED di Powell molto più di quanto capitò ai tempi di Volcker.

Per effettuare un confronto tra l’inflazione USA attuale e quella degli anni 70-80, Summers ed i suoi colleghi sono partiti dalla formula utilizzata per il calcolo. Fino al 1983, nel paniere dei beni considerato per la costruzione dell’indice, la componente relativa ai costi delle abitazioni veniva calcolata utilizzando come variabili il prezzo delle abitazioni, le tasse sugli immobili, i tassi dei mutui ed i costi di manutenzione. Una formulazione che rendeva l’indice molto volatile ed estremamente sensibile alle variazioni dei tassi di interesse. Dopo il 1983 la misurazione dell’inflazione è cambiata e la componente “housing” è ora calcolata in base alla stima di quanto un proprietario riceverebbe se mettesse il proprio immobile in affitto. In questa maniera la “dipendenza” dai movimenti dei tassi di interesse si è fatta meno accentuata e la lettura dell’indice dei prezzi molto meno volatile.

Partendo da qui gli autori hanno ricalcolato l’inflazione del 1983 (l’anno del picco al 14.8%) con il metodo attuale rendendola comparabile con lo scenario di oggi. Il risultato è che la differenza è “solo” di tre punti percentuali (attuale all’8.6%, quella dell’83 ricalcolata all’11.6%) e che quindi la pressione sui prezzi non è così dissimile oggi rispetto a quarant’anni fa. Se si guarda all’indice core, quello al netto delle componenti più volatili, siamo vicinissimi ai massimi toccati nel 1979.

Tuttavia, ricordano gli autori, non si può non considerare una grossa differenza tra le due situazioni. All’epoca del governatore Volcker le aspettative di inflazione a medio termine stazionavano su valori a doppia cifra, mentre oggi – seppur faticando negli ultimi mesi – risultano ancora tutto sommato ancorate alla politica monetaria della FED. Questo è ovviamente un grande vantaggio per Powell, a patto che l’intervento sui tassi sia risoluto e veloce.

Qualcuno a questo punto potrebbe anche guardare oltre e crogiolarsi sul fatto che negli anni 80 i tempi di ritorno a valori dell’inflazione più normali furono tutto sommato rapidi. Ma qui arriva la doccia gelata. Ed il motivo, ricordano Summers ed i suoi colleghi, sta proprio in quel vetusto metodo di calcolo dell’inflazione, velocissimo a rispondere ai mutamenti dei tassi di interesse. Il tasso di disinflazione ai tempi di Vocker risulta molto più lento se si utilizza l’attuale metodo di calcolo del carovita. In altre parole, il rientro da questa ondata di inflazione potrebbe essere molto lento e, ipotizzando che si riescano ad ottenere gli stessi risultati degli anni 80, ci vorranno almeno due anni per rivedere la cara vecchia soglia del 2%.

Foto di Gerd Altmann

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