Uno studio condotto dalla BCE prova ad individuare le possibili conseguenze sulle imprese derivanti dalla guerra in Ucraina, in particolare considerando come si modifica la probabilità di default.
Sono oramai passati quattro mesi abbondanti dall’inizio della guerra in Ucraina e ad oggi nessuno sa quanto potrà ancora durare e quali sviluppi potrà avere nei mesi futuri. Di certo un effetto sul fronte economico lo sta già mostrando e la domanda che si pongono gli analisti economici è quali conseguenze potrebbe avere sulla tenuta del sistema finanziario e del tessuto industriale dell’Eurozona.
Gli scompensi che sanzioni e prezzi possono avere sulla situazione economico-finanziaria delle imprese sono al centro del lavoro curato da tre economisti della BCE, Paul Konietschke, Julian Metzler e Aurea Ponte Marques. In particolare Konietschke ed i suoi colleghi si sono domandati quale impatto può avere la crisi conseguente alla guerra in Ucraina sulla probalità di default delle imprese europee. E sappiamo quanto i default possano essere pericolosi anche per la tenuta del sistema finanziario nel suo complesso.
L’analisi è stata condotta utilizzando un modello di regressione non lineare e mettendo a confronto due possibili scenari: uno scenario (avverso) base ed uno estremamente negativo. In un orizzonte temporale di tre anni, le aziende dei settori più vulnerabili (come l’energia o le imprese dei settori più duramente colpiti dalla pandemia ed ancora convalescenti) vedrebbero aumentare sensibilmente la loro probabilità di default; di 20 punti base secondo la simulazione. Un aumento che va di pari passo ad un deterioramento del parametro CET1 delle banche dell’Eurozona, pari a 30 punti base in meno rispetto ai livelli attuali. Si tratta di numeri, osservano gli autori, molto simili a quelli riscontrati nel corso della crisi del debito dell’area Euro e della crisi finanziaria del 2008.
Numeri che fanno capire, una volta di più, come la situazione alla quale deve far fronte la BCE sia estremamente più complicata rispetto a quella di altre banche centrali e che la prudenza nel prendere scelte di politica monetaria sia ampiamente giustificata, anche di fronte ad un forte incremento dei prezzi come quello a cui stiamo assistendo.
Foto di Amber Clay