Il disancoramento delle aspettative sull’andamento dei prezzi può essere la base per la creazione di una spirale inflazione-salari in grado di aggravare il problema del carovita. Uno studio del Fondo Monetario Internazionale ci dice, però, che l’innesco di questo fenomeno è poco probabile.
Quando si parla di inflazione e di aspettative di inflazione si fa spesso riferimento alla loro relazione con l’andamento dei salari. Il ragionamento classico che si fa è che un aumento dei prezzi dei beni di consumo, accompagnato dall’aspettativa che questi possano crescere ulteriormente nel futuro, porta i lavoratori a chiedere un salario più alto per far fronte alle maggiori spese future. Le imprese, per far fronte al maggior esborso necessario per pagare gli stipendi più alti ai lavoratori, aumentano i prezzi di vendita dei loro prodotti, generando ulteriore inflazione. Si tratta di un loop che in linea teorica può ripetersi all’infinito e che in economia viene sintetizzato nell’espressione “spirale inflazione-salari”.
In molti di fronte alla fiammata dei prezzi di questi mesi hanno cominciato a guardare all’andamento dei salari nominali cercando tracce di quella spirale. Al momento di tracce se ne sono trovate poche ed il Fondo Monetario Internazionale, nel suo outlook di ottobre, ci suggerisce che le possibilità che una spirale inflazione-salari si inneschi sono piuttosto basse.
Il capitolo 2 dell’October Outlook è tutto dedicato a questo argomento. Silvia Albrizio, Jorge Alvarez, Alexandre Balduino Sollaci, John Bluedorn, Allan Dizioli, Niels-Jakob Hansen e Philippe Wingender hanno incrociato dati empirici e risultati di modelli teorici per analizzare il delicato rapporto tra salari e inflazione.
Guardando alla storia i ricercatori dell’FMI hanno individuato 22 episodi paragonabili alla situazione attuale (inflazione in salita, salari reali in calo e disoccupazione ferma). In nessuno di questi si è riscontrata la presenza di una spirale salari-inflazione. A rendere il terreno poco fertile al fenomeno sembrano essere tre fattori: la natura esogena al mercato del lavoro dell’inflazione, i salari reali in calo che riducono i consumi e diminuiscono la pressione sui prezzi; una forte risposta da parte delle banche centrali.
Un ruolo molto importante nella crescita dei salari sembrano averlo le aspettative di inflazione. Se famiglie ed imprese basano le loro aspettative sui livelli dei prezzi registrati nel passato (backward-looking expectations), allora uno shock inflazionistico alimenta le aspettative e le richieste salariali. Quando gli operatori economici incorporano nelle loro aspettative anche gli ultimi dati macroeconomici, allora queste risultano più moderate. Una risposta forte da parte delle banche centrali (anche in chiave comunicativa) è essenziale per tenere sotto controllo il primo tipo di aspettative (backward-looking expectations) ed evitare l’innesco di una spirale inflazione-salari.
Foto di Gundula Vogel