L’ultimo Emission Gap Report delle Nazioni Unite mostra i pochissimi passi avanti fatti dai paesi partecipanti tra una COP e l’altra.
Siamo oramai alla vigilia della conferenza internazionale sul clima che si svolgerà in Egitto, come al solito l’evento è carico di aspettative e, forse mai come quest’anno, di forti tensioni tra i paesi partecipanti. Ma se la memoria non è un optional, tutti ricordiamo bene come la precedente conferenza, la COP26 di Glasgow, sia stata definita come il punto di non ritorno, l’ultima occasione per prendere decisioni concrete e puntare all’obiettivo chiave: ridurre le emissioni inquinanti per tentare di mantenere il surriscaldamento terrestre sotto gli 1,5°C rispetto al periodo pre-industriale.
Bene, anzi malissimo. Perchè se guardiamo ai dati appena pubblicati dall’UNEP nel suo annuale Emission Gap Report c’è da preoccuparsi. Il report curato dalle Nazioni Unite misura i progressi fatti dai paesi partecipanti alla COP tra un’edizione e l’altra, in termini di impegni e politiche, e li trasforma in riduzione di emissioni inquinanti.
Nei 12 mesi che separano la COP26 di Glasgow dalla COP27 di Sharm el-Sheikh la riduzione di emissioni dannose è stata di 0,5 milioni di tonnellate, una minuscola parte rispetto al gap da colmare entro il 2030 per avere qualche speranza di contenere il surriscaldamento sotto gli 1,5°C (una forchetta tra i 17 e i 20 miliardi di tonnellate). E per questo risultato occorre ringraziare soprattutto l’Australia, la più ambiziosa in termini di impegni nell’ultimo anno. Tra le altre economie del G20 passi insignificanti, se non addirittura da gambero, come nel caso del Brasile.
Si tratta di numeri impressionanti che se confrontati con quelli dei modelli elaborati dai climatologi diventano ancora più preoccupanti. Stando alle ultime pubblicazioni, infatti, la somma delle attuali politiche messe in atto è compatibile con un surriscaldamento a fine secolo di 2,8°C. Se venissero trasformati in realtà tutti i target fissati per il 2030, compresa la soluzione alla vertenza sul loss and demage, la temperatura media terrestre salirebbe a fine secolo di 2,4°C. L’ultima speranza, poco realistica a sentire gli scienziati ed osservando le traiettorie disegnate dall’Emission Gap Report, è che si riescano a centrare gli obiettivi del 2050, unica opzione che garantirebbe di mantenere il surriscaldamento sotto i 2°C.
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