La domanda delle domande sui mercati finanziari in questo momento è sostanzialmente una: quando inizieranno a cambiare le cose? E le cose in questione sono in sintesi tre: inflazione, crescita economica e tensioni geopolitiche. Sulle possibili, probabili, traiettorie di questi tre parametri dibatte la platea di investitori internazionali, e da esse dipende il futuro andamento dei mercati finanziari.
Intercettare i segnali di un cambiamento significa intercettare sul nascere una ripresa dei corsi azionari ed obbligazionari. Rob Arnott, il fondatore di Research Affiliates, sostiene che il fondo non è stato ancora toccato e che agli investitori conviene attendere che quel punto sia raggiunto prima di lanciarsi negli acquisti. Intervistato dal WSJ, Arnott prende il caso dello S&P500. Guardando ad un indicatore come lo Shiller P/E, osserva Arnott, si nota come i prezzi delle azioni che compongono il listino newyorkese siano ancora alti rispetto ai livelli della crisi del 2008, segnale che non tutta la potenza dell’uragano ribassista si è ancora scaricata a terra.
Eppure sul mercato si intravede una certa frenesia. Le cose – è il sentimento dominante sui mercati finanziari – devono pur cambiare ad un certo punto. A cominciare dall’inflazione. Nancy Davis, di Quadratic Capital Management LLC, ha riassunto la situazione con parole molto chiare: mentre la FED ha eliminato dal suo vocabolario la parola transitoria in riferimento all’inflazione, gli investitori stanno ancora pensando a questo termine quando consultano i dati sul carovita. L’idea che tutto possa svanire in tempi brevi, riportando le lancette dell’orologio indietro al tempo dei tassi bassi e dell’inflazione anemica, è una pericolosa alleata del mercato orso.
C’è chi vede nel raffreddamento dell’economia un valido motivo per pensare che con esso si raffreddino anche i prezzi. Un discorso che potrebbe essere corretto nel caso statunitense (ma sulla velocità del raffreddamento ci sarebbe comunque da discutere), ma che non pare calzante sul fronte europeo (le parole di Lagarde in questo senso sono piuttosto esplicite). Per bloccare rapidamente il fenomeno inflattivo occorrerebbe probabilmente una recessione piuttosto severa, ma anche questa ipotesi non è tra quelle che gli investitori stanno tenendo in considerazione.
Foto di Gerd Altmann