Il consueto appuntamento con il World Economic League Table elaborato dal CEBR ci mette in guardia da una probabile recessione globale nel 2023. Nel lungo periodo gli equilibri economici mondiali sempre più spostati ad est.
Nel 2022 l’economia mondiale ha prodotto oltre 100 trilioni di dollari di ricchezza lorda, una prima volta nella storia che dimostra come l’anno appena archiviato sia stato orientato alla crescita, malgrado i tanti venti contrari.
Il dato è contenuto nel consueto report annuale elaborato dal Centre for Economics and Business Research. Il World Economic League Table 2023, però, spegne subito i facili entusiasmi e prevede per il 2023 che l’economia globale sperimenti un periodo di recessione. La spiegazione di questa previsione è piuttosto semplice. La battaglia contro l’inflazione, scrive l’istituto di ricerca inglese, non è ancora vinta e le banche centrali dovranno ancora metter mano ai tassi di interesse per buona parte del nuovo anno. Ma la lotta all’inflazione non è neutrale per la crescita e gli effetti si sentiranno sia nel 23 che negli anni a venire.
Un rallentamento che non fermerà quella che nelle previsioni del WELT sembra un vero e proprio cambio di equilibrio economico nel lungo periodo. Il report ci proietta infatti nel 2037. Tra 25 anni il PIL mondiale sarà più del doppio di quello attuale, 207 trilioni di dollari, ma la sua distribuzione sarà molto differente rispetto a quella attuale. L’Asia orientale e l’area del Pacifico produrranno un terzo della ricchezza mondiale, mentre l’Europa parteciperà per meno di un quinto alla crescita globale.
Se il 2037 è il traguardo della previsione, molto interessanti risultano anche le tappe intermedia. La Cina, ad esempio, stando al report, diventerebbe la prima economia del pianeta “solo” nel 2036, ben otto anni più tardi di quanto precedentemente stimato. L’India raggiungerebbe il club delle economie con un PIL superiore ai 10 trilioni di dollari entro il 2035, la Gran Bretagna conserverebbe la propria posizione tra le prime sette economie al mondo, ma i ritmi di crescita non sarebbero più superiori a quelli dell’Europa continentale.
Illustrazione di Mohamed Hassan