Uno studio di Centre for Cities mostra un aumento del ricorso al lavoro da remoto a Londra anche nel dopo pandemia; ma i benefici di breve periodo potrebbero costare molto nel lungo, in termini di produttività ma non solo.
Probabilmente, prima del 2020, espressioni come smart working o lavoro da remoto erano considerate eccezioni alla regola; curiose variazioni sull tema che mai avrebbero potuto scalfire l’importanza e la centralità del lavoro in presenza. La pandemia, come per molti altri aspetti della nostra vita, ha rimescolato le carte. I lockdown imposti per tentare di ridurre la circolazione del virus hanno portato milioni di persone a lavorare via computer dalla propria abitazione. Travolti da queste novità, ci si è spinti a sostenere che il lavoro da ufficio aveva i giorni contati, ripiegando poi sulla più sostenibile idea che i colletti bianchi del futuro passeranno meno tempo in ufficio e qualche giorno in più a casa.
L’organizzazione inglese Centre for Cities, in collaborazione con il professor Dan Graham dell’Imperial College di Londra, ha recentemente pubblicato un report sulla trasformazione del lavoro nel cuore della city. Il documento, dal titolo Office politics: London and the rise of home working, è un tentativo, partendo dai dati, di ragionare sulle prospettive e sulle conseguenze che il lavoro da remoto potrà avere sulla produttività e sull’innovazione nei prossimi decenni.
Leggendo il documento si scopre che ad aprile 2023 i lavoratori del centro di Londra spendono in ufficio una media di 2.3 giorni alla settimana. Un numero significativo se si pensa che nell’immediato pre-pandemia la media era di 3.9 giorni e che negli ultimi due anni le aziende hanno cercato in maniera anche piuttosto marcata di far tornare più persone possibili in ufficio. Ancora più interessante è notare che la percentuale di chi usufruisce del lavoro remoto cresce al crescere dell’età. I lavoratori over 30 usufruiscono mediamente di 2.5 giorni di lavoro da casa, contro i 2.1 dei lavoratori under 30.
Lo smantellamento del dogma del lavoro solo ed esclusivamente in ufficio e degli orari rigidi sembra oramai inarrestabile, ma gli allarmi lanciati da molti manager negli ultimi mesi non sono da liquidare come tentativi di conservatorismo.
Come spiega Centre for Cities il ricorso al lavoro da remoto presenta indiscutibili benefici, sia di breve che di lungo termine, ma al tempo stesso ha dei costi; in termini di produttività, ma anche e soprattutto di innovazione e circolazione del sapere. Il lavoro da remoto riduce lo scambio di informazioni tra colleghi e rende più complicato per i giovani lavoratori imparare nuove mansioni. Nel lungo termine questo può tradursi, come detto, in una riduzione della produttività per l’economia ed in una carriera – con annesso salario – meno soddisfacente per i giovani.
Come ogni grande innovazione, anche il lavoro da remoto ha bisogno di una attenta regolamentazione, sopratuttto tenendo conto delle possibili conseguenze di lungo termine sulla struttura dell’economia di un paese.
Illustrazione di Eduardo