Un recente studio dell’Institute for Public Policy Research ci dice che, all’attuale ritmo di realizzazione, servirebbero 4700 anni per far si che l’eolico onshore permetta alla Gran Bretagna il raggiungimento dell’obiettivo zero emissioni entro il 2050.
4700 anni. Il dato da cui partiamo per questa breve riflessione è il risultato dell’ultimo report confezionato dall’Institute for Public Policy Research. Di cosa stiamo parlando? Secondo l’istituto di ricerca londinese, al ritmo attuale, per installare sul suolo britannico un numero di impianti eolici adeguato al raggiungimento dell’obiettivo zero emissioni entro il 2050, servirebbero, per l’appunto, 4700 anni; anno domini 6723, più o meno la stessa distanza temporale che ci divide dal periodo nel quale si iniziava a costruire il complesso di Stonehenge.
Si tratta ovviamente di una provocazione per dire, in parole semplici, che per la Gran Bretagna raggiungere l’obiettivo di eliminare le emissioni in atmosfera entro il 2050 attraverso l’eolico onshore sarà impossibile. E la provocazione è anche un pretesto per ricordare ai governi che il loro ruolo è fondamentale per accelerare o meno la transizione energetica del proprio paese.
Nel caso inglese, racconta l’IPPR, tutto nasce da una norma, voluta dall’attuale maggioranza conservatrice, che ha reso l’approvazione di nuovi progetti di impianti eolici onshore molto complicata da ottenere. Prima del 2015, anno in cui questa norma è entrata in vigore, la nuova capacità installata attraverso impianti eolici onshore era di 180 megawatt annui; dal 2015 la capacità è scesa a 1 megawatt anno con appena 17 progetti approvati. Numeri che parlano da soli e che hanno spesso a che fare con veti incrociati, effetto nimby e molte altre vischiosità che ben conosciamo anche alle nostre latitudini. E quando si parla di Gran Bretagna è bene ricordare, come fa anche lo studio dell’IPPR, che si parla di un paese in grado di aumentare di 5 volte in poco più di 10 anni la quantità di energia green immessa nella rete (la seconda miglior performance in Europa).
C’è però, strisciante come in tutte le problematiche riguardanti la transizione energetica, un’altra riflessione che emerge dai dati pubblicati dall’IPPR. Anche supponendo che i governi stendano tappeti rossi alla realizzazione di impianti di energia rinnovabile, è sostenibile la quantità di energia che ogni giorno bruciamo? La transizione energetica non è un’equazione, non si tratta di svuotare la bottiglia di energia inquinante e riempirla di energia verde; si tratta anche di rivedere le dimensioni della bottiglia. E questo è un argomento spinoso, politicamente poco appagante, ma estremamente importante.
Foto di Alexander Droeger