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La settimana delle banche centrali

E’ la settimana delle banche centrali, chiamate a decidere sui tassi di interesse ed in molti casi a ricalibrare la propria guidance sulla base degli ultimi dati macroeconomici.

Il primo colpo è arrivato dalla Federal Reserve che ha deciso per una pausa di riflessione. I numeri sembrano giustificare l’atteggiamento, anche se, come molti analisti suggerivano, Powell ha annunciato almeno un altro paio di rialzi entro l’anno; il primo molto probabilmente già nel mese di luglio. L’inflazione dà finalmente segnali di rallentamento anche nella componente core e soprattutto per quel che riguarda i servizi. Nello stesso tempo dal mercato del lavoro continuano a giungere notizie miste che danno l’idea di un’occupazione ancora in salute, ma in allontanamento dai suoi massimi regimi. Per la banca centrale statunitense sono segnali sufficienti per sedersi sulla riva del fiume ed attendere che gli effetti degli alti tassi di interesse si dispieghino ulteriormente sull’economia a stelle e strisce, possibilmente senza passaggio di cadavere (leggasi recessione pesante).

Dall’altra parte dell’oceano le cose sono differenti. Per l’area Euro le complicazioni derivano soprattutto dalla fragilità della principale economia del blocco – la Germania – mentre sul fronte dell’inflazione i dati di maggio, al netto del calo consistente del prezzo dell’energia, continuano a segnalare persistenza. Gli analisti sembrano abbastanza concordi nell’indicare la possibilità di un ulteriore paio di rialzi (giugno e luglio) con la possibilità che i dati macro delle prossime settimane possano essere compatibili con una pausa estiva. Sullo sfondo aleggia l’incognita sul prezzo del gas. Le parole del ministro dell’economia tedesco, Robert Habeck, non sono state certo rassicuranti al proposito, e la mini fiammata del prezzo del metano non lascia dormire sonni tranquilli.

La settimana delle banche centrali non comprende la Bank of England, la cui riunione è fissata per il 22 giugno, ma i dati arrivati in settimana sullo stato di salute del mercato del lavoro non lasciano molto spazio all’immaginazione. Disoccupazione in diminuzione e, soprattutto, un’accelerazione nella crescita dei salari rischiano di intralciare il percorso di raffreddamento dell’inflazione, costringendo la banca centrale ad un ulteriore rialzo. Evenienza che oltre Manica viene vista con particolare preoccupazione dal settore immobiliare, dove le pratiche di mutuo approvate sono scese ai livelli di inizio 2020 e gli economisti ipotizzano una correzione dei prezzi dall’ultimo picco di 10 punti percentuali.

Foto di Bruno

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