I volumi di emissioni del più potente tra i gas serra, il metano, avrebbero raggiunto livelli ben più alti di quanto dicono i dati ufficiali diffusi dalla Nazioni Unite.
Quando si parla di gas serra si pensa sempre in prima battuta all’anidride carbonica, ma c’è un gas ben 80 volte più inquinante della CO2 ed è il metano. L’emissione in atmosfera di metano è in larga parte dovuta a cause naturali, ma una fetta consistente deriva anche dalle attività di estrazione di petrolio e carbone.
Se ci basiamo sui dati più recenti diffusi dall’UNFCCC, tra i 96 paesi analizzati, nessuno supererebbe la soglia delle 10 tonnellate annue e solo gli USA avrebbero un livello di emissioni superiore alle 5 tonnellate di metano annue disperse nell’atmosfera.
Si tratta di dati affidabili? Secondo uno recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature saremmo di fronte a numeri in vistoso difetto. I ricercatori hanno messo assieme 22 mesi di rilevazioni effettuate dal satellite European Space Agency’s Sentinel-5P, dal maggio del 2018 al febbraio del 2022, coprendo il 96% delle emissioni globali di metano. Una ricerca di tipo “top-down” che ha permesso di stimare il quantitativo di metano disperso nell’atmosfera. I risultati sono significativi: tra quanto rilevato dall’UNFCCC e quanto emerso dai dati satellitari ci sarebbe una differenza per difetto del 30%. Così le emissioni degli USA non sarebbero circa 7 milioni di tonnellate ma supererebbero i 10 milioni. Allo stesso modo anche le emissioni di metano in Russia sarebbero superiori ai 10 milioni di tonnellate. Tra i paesi più inquinanti solo Uzbekistan e Iran avrebbero livelli di emissione simili a quelli riferiti dalle Nazioni Unite.
Una lettura più efficace delle emissioni, sostengono i curatori della ricerca, permette di programmare in maniera più puntuale piani di riduzione. Paesi come Venezuela, Turkmenistan, Uzbekistan, Angola, Iraq, Nigeria e Messico – tutti con percentuali di emissione di metano da fonte industriale comprese tra il 5% ed il 25% – potrebbero contribuire in maniera significativa alla riduzione di metano nell’atmosfera. Un taglio medio del 2.5%, ad esempio, significherebbe una riduzione complessiva del 18%.
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