Cosa accadrà all’economia mondiale dopo l’ondata inflazionistica che stiamo vivendo? Uno studio del Fondo Monetario Internazionale ha cercato risposte analizzando quanto accaduto dal 1970 in poi.
Con il passare dei mesi risulta sempre più chiara la portata e l’eccezionalità dell’ondata inflazionistica che ha travolto l’economia mondiale a partire dallla fine della pandemia di Covid. Nel 2022 l’inflazione nei paesi OECD ha toccato l’8%, massimo dal 1984 e nelle economie emergenti si sono riviste per la prima volta dagli anni novanta dello scorso secolo variazioni annue dei prezzi a doppia cifra.
Le decisioni di alcune tra le principali banche centrali, quali la FED e la BoE, di prendersi una pausa dopo una serie considerevole di rialzi dei tassi sono una prima conferma del fatto che l’inflazione ha toccato il suo picco e che ha intrapreso un cammino di discesa. Ma fino a dove? Riusciranno le banche centrali a far tornare i livelli di inflazione sui propri target? E questo comporterà un livello di tassi di interesse neutrale più alto di quanto avuto nel periodo pre-pandemia?
Sono domande a cui gli economisti cercano di dare una risposta, anche e soprattutto analizzando quanto accaduto in passato in situazioni simili. Su questo solco è particolarmente interessante lo studio condotto da Anil Ari, Carlos Mulas-Granados, Victor Mylonas, Lev Ratnovski e Wei Zhao. Pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale nelle scorse settimane, il paper “One Hundred Inflation Shocks: Seven Stylized Facts” analizza gli ultimi 100 episodi inflazionistici, accaduti dal 1970 in poi, con lo scopo di verificare se ed in quanto tempo questi sono stati “superati”.
L’analisi mostra che solo nel 60% dei casi si è riusciti a sconfiggere l’elevata inflazione entro 5 anni dal suo sorgere e comunque il tempo medio occorso per tornare ad una situazione di normalità supera in media i tre anni. Lo studio, prettamente empirico, è interessante soprattutto perchè una larga fetta del campione di episodi inflazionistici (ben 60) è legata ai cosiddetti terms-of-trade and supply-side shocks, vale a dire inflazione causata dall’aumento dei prezzi di determinate materie prime, da uno shock negativo dell’offerta o da shock positivi della domanda. Si tratta di caratteristiche riscontrabili anche nell’attuale fiammata inflazionistica.
Ari ed i suoi colleghi riassumo i risultati del loro lavoro in sette punti, tutti molto interessanti. Innanzitutto le fiammate inflazionistiche derivanti da terms-of-trade shocks risultano più persistenti. Altro dato, i paesi che sono riusciti a sconfiggere gli episodi di inflazione mostrano alcune caratteristiche in comune. Prima fra tutte una politica monetaria restrittiva più robusta e dalla durata più lunga; poi una crescita economica (nel breve-medio periodo) e dei salari nominali più bassa.
Dallo studio emerge un’altra interessante osservazione. Negli episodi di inflazione non risolti entro i 5 anni la causa dell’insuccesso è collegata spesso ad errori di valutazione sull’effettiva tendenza dei prezzi. Errori che hanno portato a “cantar vittoria” troppo presto e costretto ad inseguire prezzi che invece ritornavano a salire.
La storia insegna, ma è sempre bene ricordare che ogni ondata inflazionistica è figlia del suo tempo. Prendendoli con le pinze, quindi, i risultati di questo paper ci suggeriscono quantomeno cosa dovremmo attenderci da qui ai prossimi anni dato il periodo di inflazione che stiamo vivendo. Verosimilmente livelli di tassi di interesse alti per un periodo più lungo (ed un tasso neutrale rivisto al rialzo rispetto al pre-pandemia); probabilmente un periodo di crescita modesta nel breve e medio termine.
Illustrazione di Mohamed Hassan