Per Nouriel Roubini la finanza green deve fare un passo avanti e progettare strumenti finanziari redditizi, liquidi e facilmente accessibili ai risparmiatori, partendo dalla definizione di un concreto portafoglio green.
Una delle poche certezze sul tema della lotta al cambiamento climatico – o forse sarebbe meglio dire adattamento al climate change – è che la finanza pubblica da sola non può farcela e che solo veicolando massicciamente capitali privati verso investimenti realmente green è possibile giocarsi qualche chance di salvezza.
Un reale sviluppo di una finanza green privata passa necessariamente dalla regolamentazione per ridurre al minimo il fenomeno del greenwashing, ma non basta. Occorre chiedersi se gli strumenti finanziari attualmente presenti sul mercato siano sufficienti e se raggiungano anche la grande platea degli investitori privati. Questa domanda se l’è posta uno dei nomi più “pesanti” della finanza mondiale: Nouriel Roubini. Assieme al collega Reza Bundy, l’ex economista del Fondo Monetario Internazionale ha pubblicato un contributo molto interessante su Project Syndacate.
Roubini prova a delineare le caratteristiche principali di uno strumento di finanza green; partendo dal suo contenuto. Secondo l’economista un portafoglio green ben diversificato, in grado di generare ritorni e di attirare capitali, dovrebbe concentrarsi su tre grandi asset: il primo sono gli immobili e le infrastrutture resilienti al clima; poi le materie prime green; infine strumenti di copertura contro l’inflazione e i rischi geoeconomici.
Se questo è il contenuto, occorre però ripensare anche alla contenitore. Questo deve essere in grado di “far viaggiare” il portafoglio green per raggiungere una platea di investitori la più ampia possibile, non dimenticando le aree del pianeta nelle quali i sistemi bancari e gli scambi finanziari sono meno evoluti.
L’idea che sembra emergere è quella di uno strumento ibrido, capace di mettere assieme le caratteristiche di liquidità riconosciute agli ETF con la velocità, la sicurezza e la diffusione dei nuovi strumenti finanziari digitali. L’innovazione – concludono gli autori – sia tecnologica che finanziaria, rimane lo strumento più potente a nostra disposizione per fronteggiare le grandi sfide del cambiamento climatico. Vedremo se nella COP28 ci sarà spazio per parlare anche di questo.
Illustrazione di Heather