In quasi tre anni, passando da Wuhan all’Ucraina, le imprese si sono trovate di fronte alla necessità di pensare ad una nuova supply chain. I primi dati su questa trasformazione in un report di Accenture.
Sono passati oramai quasi tre anni da quando le prime notizie su un nuovo virus cominciavano a trapelare dalla Cina. Una delle grandi eredità del periodo pandemico che ci siamo lasciati alle spalle è sicuramente la necessità per le imprese di ripensare la loro catena di approvvigionamento. Sul tema si è da subito scatenato un acceso dibattito tra chi sosteneva che la soluzione stava nel far tornare le produzioni “a casa”, e chi invece ricordava l’ineluttabilità della globalizzazione e che risolvere i colli di bottiglia della supply chain significava sostanzialmente diversificare le fonti.
A quasi tre anni di distanza, per tornare all’incipit, cosa è davvero successo? Quali azioni sono state intraprese dalle imprese per non farsi trovare impreparate di fronte a una nuova – Dio ce ne scampi – crisi globale in stile Covid-19? Qualche dato utile per provare a dare una prima risposta a questa domanda ci arriva dall’ultimo report rilasciato dalla società di consulenza Accenture. Nel documento vengono riportati i risultati di un sondaggio condotto su un campione di 1230 imprese di 11 settori industriali diversi sparse in 14 paesi nel mondo.
Il primo dato interessante che emerge dal sondaggio è la quantificazione del “danno” che l’ultimo triennio ha fatto sui conti aziendali. Ragionando in termini di ricavi annui persi si sta parlando di una cifra attorno agli 1.6 trilioni di dollari, una somma impressionante. La risposta di fronte a questa valanga da parte delle imprese è stata di due tipi: da un lato una riorganizzazione di breve termine dei sistemi di produzione e dall’altra un incremento “monstre” delle giacenze di magazzino (arrivate a 1,9 trilioni di dollari di valore).
Se queste sono state le risposte “in emergenza”, cosa sta cambiando in termini strutturali? Come sarà la nuova supply chain? Il 72% delle imprese intervistate adotterà entro i prossimi tre anni un diversificazione delle fonti di approvvigionamento, mentre il 65% sta lavorando ad una regionalizzazione dei fornitori. Sempre nell’arco temporale dei prossimi tre anni, gli investimenti in reshoring passeranno dall’attuale 7% al 29%.
Il report affronta poi altri temi legati alla resilienza delle imprese, sottolineando come digitalizzazione ed automazione dei processi produttivi sono le altre due grandi aree di intervento. Messo tutto assieme, questa attività di adattamento è in grado di portare un vantaggio alle imprese che lo applicheranno rispetto ai concorrenti. Un vantaggio che il report stima in una maggior crescita dei ricavi di quasi il 4%.
Foto di Jens P. Raak