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Banche centrali ed il mantra del “data driven”

Il mantra per le banche centrali è quel “data driven” con il quale si evita accuratamente ogni indicazione sulle future mosse di politica monetaria e, quasi per effetto collaterale, si inducono i mercati finanziari a focalizzarsi su ogni segnale macroeconomico.

Oramai la chiosa ad ogni comunicato di qualsiasi banca centrale l’abbiamo imparata a memoria. Il mantra, se così vogliamo chiamarlo, è quel “data driven” con il quale si evita accuratamente ogni indicazione sulle future mosse di politica monetaria e, quasi per effetto collaterale, si inducono i mercati finanziari a focalizzarsi su ogni segnale macroeconomico. Il risultato è una scarsa ponderazione dei numeri che arrivano dall’economia ed un incremento della volatilità di listini azionari e rendimenti obbligazionari.

Se a questo aggiungiamo l’oramai fin troppo elevato numero di dichiarazioni da parte dei vari governatori, membri dei board direttivi ed economisti delle banche centrali, allora la confusione diventa totale. In momenti più tranquilli, ci sarà da ragionare su cosa è diventata negli ultimi anni la comunicazione degli istituti centrali.

Mentre oltre oceano qualcuno comincia a dubitare che la mossa di Powell – il taglio di 50 punti base – sia stata una buona idea, visto che ha probabilmente indotto i mercati a pensare ad una rapida discesa dei tassi e ad una situazione economica più grigia di quanto in realtà fosse, dalle parti di Francoforte il dibattito è ora tutto incentrato sulle scelte del board prima di fine anno: altro taglio di 25 punti base o maxi intervento da 50 punti base?

Lo scenario in cui si è attivata questa discussione è quello che raccontiamo da molte settimane nella nostra K Briefing. L’area Euro sta vivendo una fase di stanca per quel che riguarda la crescita, con due paesi (Germania e Francia) che mostrano numeri traballanti. Al tempo stesso la crescita dei prezzi sta rallentando a ritmi ben più alti rispetto a quelli che ci si attendeva, tanto che l’indice generale è già ritornato sotto la fatidica soglia del 2%.

Ed allora via alle danze! La componente più “colomba” del board della BCE spinge per un intervento robusto perchè lo scenario fa ritenere che la priorità ora sia il sostegno alla crescita e non il contenimento dei prezzi. Al contrario, la componente “falco” del board vede ancora molte insidie sul fronte prezzi, a partire dalla pressione sui salari (ancora elevata) e dall’inflazione dei servizi che rimane ben al di sopra del target BCE. Non stupisce di trovare tra le colombe i banchieri centrali di Italia, Francia e Portogallo; così come non è una novità trovare tra i più attendisti quelli di Lettonia, Irlanda, Olanda, Austria.

La sintesi al momento sembra essere rappresentata dalla posizione della governatrice Lagarde, e non potrebbe essere diversamente, alla quale si affianca un po’ a sorpresa quella del governatore della Buba (Germania) Joachim Nagel. La disinflazione procede, ma le scelte in tema di tassi non potranno che essere guidate dalla prudenza e dai dati che arriveranno da qui a dicembre. Come si dice? Ah si, data driven!

Foto di ProfessionalPhoto

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