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L’oro è tra gli asset favoriti del 2025?

La domanda delle banche centrali ma anche dinamiche macroeconomiche sembrano poter favorire l’oro anche nel 2025. E per Goldman Sachs il target sono i 3000 dollari all’oncia.

Su cosa converrà investire nel 2025? Si, è arrivato quel momento dell’anno nel quale inizia la sempre interessante – e a volte pure divertente – corsa alla previsione su quale asset farà bingo nell’anno che verrà. Inflazione, consumi, geopolitica, tutte le variabili macro vengono messe al setaggio per trovare la pietra preziosa, l’asset giusto su quale puntare una parte dei propri risparmi. E da quel che si cominicia a capire più che di pietra preziosa converrà parlare di lingotto. È l’oro, infatti, uno dei principali candidati a regalare soddisfazioni agli investitori nel 2025.

Secondo Goldman Sachs l’oro è tra le materie prime da tenere sott’occhio per il nuovo anno. Gli analisti della banca statunitense vedono il prezzo del lingotto potenzialmente a quota 3000 dollari l’oncia, spinto dalla sempre maggior voracità delle banche centrali e dalle mosse della FED.

L’acquisto di lingotti da parte delle banche centrali è oramai un trend consolidato. Con lo scopo di diversificare il più possibile le proprie riserve, gli istituti centrali vendono dollari e altre valute e aumentano l’oro nei caveau. Durante la prima metà del 2024, sono state acquistate complessivamente 483 tonnellate di oro da parte delle banche centrali. La parte da leone è spettata alla Cina, ma alle sue spalle crescono gli acquisti da parte degli istituti centrali dell’Est Europa. Nel secondo trimestre di quest’anno la Polonia ha acquistato oltre 40 tonnellate di oro, la Repubblica Cena quasi 6 tonnellate.

L’altra spinta ai prezzi dell’oro, secondo Goldman, arriverà dalle mosse della FED. Qui l’ipotesi di partenza è che la banca centrale statunitense continui anche nel 2025 ad abbassare i tassi di interesse, indebolendo così il dollaro e facendo salire la convenienza del lingotto. Si tratta di un’ipotesi che potrebbe scontrarsi con gli effetti delle politiche protezionistiche della nuova amministrazione Trump. Se dazi saranno, infatti, l’effetto collaterale sarà un aumento dell’inflazione, una maggior forza del dollaro e tassi di interesse più alti. Ma in questo caso, continua Goldman, l’oro potrebbe contare su altre considerazioni: “un’escalation senza precedenti delle tensioni commerciali potrebbe rilanciare il posizionamento speculativo sull’oro. Inoltre, le crescenti preoccupazioni sulla sostenibilità fiscale degli Stati Uniti potrebbero anche aiutare i prezzi, con le banche centrali – in particolare quelle che detengono grandi riserve del Tesoro americano – che potrebbero scegliere di acquistare più metallo prezioso.

Insomma, l’oro sembra poter avere tante freccie al proprio arco per il 2025. E tra queste sembra poterci essere anche quella della diversificazione rispetto all’investimento azionario. Come visto recentemente in un’analisi di KB Meter, la correlazione tra oro e azionario statunitense (che conta per oltre la metà dell’azionario globale) si è andata modificando nel tempo, rimanendo tuttavia molto vicina allo zero.

Foto di istara

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