Abbiamo parlato spesso del rapporto tra cambiamenti climatici ed economia. Lo abbiamo fatto riportando i risultati di molti studi sul tema, sottolineando anche il ruolo sempre più importante che la politica monetaria può avere nel mitigare gli effetti negativi del climate change sul tessuto economico.
Oggi ritorniamo a parlarne per raccontare di una nuova ricerca, davvero molto interessante, pubblicata qualche giorno fa dal CEPR*. Lo studio, condotto da Jules Baleyte, Guillaume Bazot, Eric Monnet e Matthias Morys, ha indagato gli effetti di breve termine di uno dei principali shock climatici, ossia le ondate di calore, sulle principali variabili macroeconomiche (produzione, tassi di interesse e prezzi).
Due sono i canali attraverso i quali gli shock climatici come le ondate di calore, trasmettono i loro effetti all’economia: la produzione agricola e la produttività del lavoro. Nel primo caso le alte temperature mettono a rischio i raccolti e riducono la produzione di prodotti agricoli, creando pressione sui prezzi. Nel secondo, invece, il caldo anomalo riduce la produttività del lavoro.
Analizzando i dati di 14 paesi europei dal 1920 al 2019, Baleyte e i suoi colleghi hanno osservato gli effetti di breve termine delle ripetute ondate di calore, stimando poi le variazioni su produzione, inflazione e tassi di interesse di fronte ad un aumento della temperatura di 1° centigrado.
I numeri sono significativi. Misurato su base annua l’aumento di temperatura ha causato mediamente un rialzo dello 0,4% dell’inflazione ed una perdita di quasi un punto percentuale di PIL . Di fronte ad un evento che ha tutte le caratteristiche di uno shock dell’offerta, la risposta delle banche centrali è stata quella di una riduzione di 40 punti base dei tassi di interesse. Una reazione motivata dall’effetto prolungato sui prezzi dello shock climatico.
Quello brevemente descritto sopra è il primo studio mirato sugli effetti di breve termine di uno shock climatico sull’economia e mostra come questi, necessariamente, portino ad un intervento da parte delle banche centrali. Per questo motivo, ed alla luce della sempre maggior frequenza con la quale gli shock climatici si presentano, la politica monetaria non può non inglobare gli effetti del climate change nelle proprie decisioni.
*Baleyte, J, G Bazot, E Monnet and M Morys (2024), “High temperature shocks are supply shocks. Evidence from one century of monthly data”, CEPR Discussion Paper No. 19682.
Illustrazione di Rosy / Bad Homburg / Germany